Anche in caso di condanna Berlusconi non si dimetterà
In questi mesi molti giornalisti e commentatori (e anche diversi frequentatori delle pagine di questo blog) hanno evocato il finale del Caimano di Nanni Moretti. Ma la realtà rischia ancora una volta di superare la fantasia. E quel finale potrebbe risultare addirittura ottimistico…
“Se ci fosse una condanna in processi come questi, saremmo di fronte a un tale sovvertimento della verità che a maggior ragione sentirei il dovere di resistere al mio posto per difendere la democrazia e lo Stato di diritto”. Queste le ultime a dir poco allarmanti dichiarazioni rese da Berlusconi a Vespa. Le si potranno leggere nell’ultimo libro di quest’ultimo, dall’eloquente titolo Donne di cuori.
Già, perchè nel caso in cui dovesse intervenire qualche sentenza penale di condanna, le dimissioni del Premier potrebbero anche risultare superflue. Più precisamente, nell’ipotesi in cui Berlusconi fosse condannato all’interdizione dai pubblici uffici, egli decadrebbe automaticamente dalla carica (senza bisogno di dimissioni). Cosa farebbe in quel caso?
Per la cronaca ricordiamo che il Presidente Berlusconi è imputato di corruzione in atti giudiziari in concorso con l’avvocato inglese David Mills, il quale è già stato condannato, per gli stessi fatti, a quattro anni e sei mesi di reclusione e a 250 mila euro da risarcire (ironia della sorte!) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, costituitasi come parte civile e rappresentata dall’Avvocatura dello Stato.
Il processo riguardante il Premier, che, com’è noto, segue un suo corso autonomo, in seguito alla sospensione prodotta dal “lodo Alfano”, riprenderà il prossimo 27 novembre in seguito all’annullamento di quest’ultimo da parte della Corte costituzionale. Se dovesse arrivare una sentenza di condanna prima del 2011, vale a dire prima della decorrenza dei termini di prescrizione del reato, essa potrebbe contenere anche una pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici. Vediamo più precisamente di che si tratta.
L’articolo 28 del codice penale prevede che l’interdizione può essere perpetua o temporanea. L’interdizione perpetua priva il condannato del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale, e di ogni altro diritto politico; di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o d’incaricato di pubblico servizio; dell’ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela o alla cura; dei gradi e della dignità accademiche, dei titoli, delle decorazioni o di altre pubbliche insegne onorifiche; degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico; di ogni diritto onorifico, inerente a qualunque degli anzidetti uffici, servizi, gradi o titoli e delle qualità, dignità e decorazioni; della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualità, grado, titolo, dignità, decorazione e insegna onorifica anzidetti.
L’interdizione temporanea priva il condannato della capacità di acquisire o di esercitare o di godere, durante l’interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi, qualità, gradi, titoli e onoreficenze. Essa, inoltre, non può avere una durata inferiore a un anno, nè superiore a cinque.
L’articolo 29 prevede, poi, i casi nei quali alla condanna consegue l’interdizione dai pubblici uffici. La condanna all’ergastolo e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni importano l’interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici. La condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l’interdizione per la durata di cinque anni.
Per il reato contestato al Presidente del Consiglio (corruzione in atti giudiziari) la pena è quella della reclusione da tre a otto anni. Quindi, l’interdizione potrebbe anche essere perpetua, qualora non si decidesse di infliggere la sanzione minima (che comunque potrebbe determinare l’interdizione temporanea). In quest’ipotesi il Premier decadrebbe automaticamente e non potrebbe ricandidarsi. Se rimanesse al suo posto porrebbe in essere un attentato alla Costituzione.
Nel finale del Caimano un Premier condannato incitava la folla a ribellarsi ai giudici, lasciandosi alle spalle disordini che preannunciavano l’inizio di una rivolta. Nella realtà, egli potrebbe essere tentato di fare anche di peggio. Potrebbe pensare di guidare egli stesso quella rivolta, con atti e comportamenti palesemente eversivi.
Decisamente in linea con il personaggio direi.