"UN ALTRA GIOVINEZZA" DI FRANCIS FORD COPPOLA - SOTTO I FULMINI DEL TEMPO

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vanni-merlin
00sabato 3 novembre 2007 01:09
"UN ALTRA GIOVINEZZA" DI FRANCIS FORD COPPOLA

SOTTO I FULMINI DEL TEMPO


Romania, 1938. Colpito da una saetta, l’anziano Matei ringiovanisce. Inizia per lui una nuova vita, incontra un altro amore. Ma arriva a un drammatico bivio.



Al riaccendersi delle luci in sala, conclusa l’anteprima per la critica, c’è chi applaude. Qualcun altro rumoreggia. I più restano invece in silenzio, ripiegati sui propri pensieri.

È l’effetto che fa Un’altra giovinezza, il nuovo, attesissimo film di Francis Ford Coppola, presentato in prima mondiale alla Festa del cinema di Roma e adesso già sugli schermi. Tutte reazioni plausibili. A motivarle sono infatti le diverse aspettative di chi, innamorato delle immagini, ora epiche (la trilogia di Il Padrino o Apocalypse Now), ora anticonformiste (La conversazione, ma pure I ragazzi della 56ª strada o Rusty il selvaggio), ora patinate e trasognate (Cotton Club, Tucker, Dracula di Bram Stoker), girate in quarant’anni di carriera da questo meraviglioso regista, resta spiazzato dalla sua voglia di rinnovarsi, di ritrovare gli slanci giovanili e contemporaneamente d’interrogarsi sugli umani destini. Senza mai banalizzare.

«Lo spunto me l’ha offerto una cara amica, Wendy Doniger, esperta orientalista, alla quale avevo chiesto consiglio per la sceneggiatura di Megalopolis, il mio progetto da tempo incompiuto», racconta Coppola, 68 anni di troneggiante maturità simboleggiata dalla barba bianca e gli occhialini di tartaruga. «Parlavamo di tempo e coscienza, intesa come consapevolezza interiore. Concetti su cui si basa la nostra esistenza».

Può spiegarsi meglio?
«Tutto quello che facciamo vivendo dipende dalla misura temporale, ma se il tempo andasse a ritroso o non fosse lineare? E il giudizio su come ci comportiamo dipende dalla coscienza, ma se le nostre consapevolezze mutassero? C’è quella fiaba cinese di un re che sogna di essere farfalla, che a sua volta sogna di essere un re, che sta sognando d’essere farfalla... Qual è la realtà e quale il sogno? L’amica mi ha consigliato di leggere Un’altra giovinezza, romanzo del rumeno Mircea Eliade, uno dei più autorevoli studiosi di storia delle religioni. È stata una folgorazione. Mai mi era capitato d’immedesimarmi così tanto in quello che leggevo. E ho fatto il film».

Proprio una folgorazione, nel senso letterale del termine, dà il là alla storia. Bucarest, anno 1938. In Romania, alla vigilia della seconda guerra mondiale, i nazisti spadroneggiano. Dominic Matei, attempato professore di linguistica, però non se ne cura: solo e amareggiato, vuole suicidarsi. Un fulmine lo centra per strada. Ricoverato in ospedale, non solo non muore ma addirittura, sotto lo sguardo attento del dottor Stanciulescu, guarisce e ringiovanisce. Ha settant’anni ma pare un quarantenne. Nell’incredulità generale, al caso s’interessano le gerarchie naziste. Matei fugge in Svizzera, s’inventa una nuova vita.

Ma che fare dell’eterna giovinezza? Forse completerà i suoi studi, scoprirà le origini di linguaggio e conoscenza. Forse... Perché realtà (avventurosa) e sogni (dovunque sia lo accompagna un suo "doppio") cominciano a confondersi. Finché, anni dopo le guerra, incontra Veronica: somiglia straordinariamente a Laura, suo vero amore giovanile. Come spiegarle? Un fulmine però la colpisce e in lei cominciano a manifestarsi diverse personalità: Veronica, Laura, l’indiana Rupini, vissuta secoli prima...

Grazie a lei Matei sembra poter risalire alle origini della coscienza, alla metempsicosi, alla trasmigrazione di anime. Ma più lui apprende, più lei deperisce. È al bivio: conoscenza o amore? Ragione o sentimento? Scegliere vorrà dire perdere l’eterna giovinezza, piegarsi all’umana natura. Ma morire può non essere poi così brutto se si ha amato.

Signor Coppola, il film ha immagini suggestive e si avvale delle belle interpretazioni di Tim Roth e Bruno Ganz. Però, può risultare non facilissimo...
«Capisco. Vorrei che chi esce dal cinema, dopo aver visto il film, resti avvolto nei pensieri. Vorrei che lo spettatore lo vedesse una volta, poi una seconda o una terza: proprio com’è successo negli anni con Apocalypse Now. Sono tanti i simboli, i piani di lettura, le avventure da affrontare. Filmando questa storia sapevo che avrei imparato a esprimere sogni e tempo nel linguaggio del cinema».

Perché questo film, dopo 10 anni lontano dal set per fare il viticultore?
«Col denaro guadagnato con la mia azienda vinicola posso finanziarmi da solo, tornare ai miei interessi giovanili, girare quei film che avrei voluto fare. La mia fortuna (e la mia condanna) è stata aver avuto subito successo nel cinema. Ora comincia una nuova carriera».

Adesso ha meno paura della morte?
«Non ne ho. Passo il tempo pensando alle cose fatte, a mia moglie, ai figli, ai nipotini. E sorrido... Quando la morte verrà non me ne accorgerò neppure».



Maurizio Turrioni


da: www.stpauls.it/fc/0744fc/0744fc78.htm


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