C'era una volta il Nero, il Cristiano e il Cigno... [OK con indicazioni] [C.A. Master Celtico]

Fehrer
00martedì 5 novembre 2013 18:01
Riassunto:

La scazzottata è finita, il sangue è sceso e una calma surreale avviluppa ora il percorso che tre figure seguono, per raggiungere il Sanitarium.
Tuttavia quella quiete è effimera. Falsa. Uno strappo notturno come una ferita aperta, ma momentaneamente anestetizzata. Aingeal si è da qualche minuto unita al gruppo di due uomini bisognosi uno di chiarimenti, l'altro di cure, e non ha detto nulla. Ha solo capito. Non che ci volesse la moderna scienza. Alcuna parola, si diceva, anima l'atto fin quando non si presenta il momento di depositare le armi all'ingresso, e la situazione schiaffeggi il volto degli opponenti non più rinfrancato dai metri impiegati per i passi lenti. Il Cigno vuole sapere le ragioni del loro comportamento. Vuole appianino le divergenze. "Ditevi quello che volete, fatelo in mia presenza. Sputatevi anche addosso l’astio che provate, ma fate anche in modo che sia l’ultima. Non voglio vedere i miei uomini odiarsi in questo modo".
Questo riaccende la miccia. Gheof avverte una minaccia, presumibilmente. Quell'accezione possessiva lo infastidisce e, replicando a una piccola provocazione di Fehrer, non fa altro che sollevare le motivazioni della loro precedente contesa, gettando al centro della discussione il fulcro del vissuto di entrambi. Tutti e due hanno fallito. Tutti e due hanno affrontato il peso del fallimento e, chi in un modo, chi in un altro, trascinano malamente i postumi di quest'ultimo sperando di scaricarli sull'avversario. Se lo augurano. Si augurano il male.
Il Cristiano crede fermamente nelle sue ragioni, vede nell'Ishtuk una minaccia reale per l'amore della sua compagna e, sottolineando le origini altrui, del tutto simili a quelle di un barbaro, non si concede di voler neppure pensare al confratello di Aingeal come ad uno in grado di garantirle l'incolumità; l'Alfiere, viceversa, non giudica diversamente i suoi pensieri, barricandosi nella sua - a suo modo di vedere - assenza di torto ed elencando uno dietro l'altro i difetti che non lo porteranno facilmente ad accettare Goffredo: l'uomo è vecchio, debole e rassomigliante ai lussuriosi e sollazzanti individui che fecero dell'Armrinn un luogo da cui fuggere, dopo aver sepolto amici e nemici.
Gheof ha idea che sia dei draconici ogni colpa. Ogni colpa in merito allo stato di salute recente di Aingeal. Elegge l'Ishtuk a colpevole primario; Fehrer teme che le condizioni precarie del Cigno nascano dai vizi del Cristiano, reo di averla violata e d'aver messo pericolosamente a repentaglio la linea tuttora dritta del suo ventre. Spiegherebbe molte cose.
A Gheof non importa del passato dell'Alfiere, non gli importa che fine abbiano fatto i suoi parenti, non gli importa quali scelte l'abbiano portato qui, oggi. Vuole solo che sparisca. A Fehrer non importa quanti figli abbia messo al mondo il Cristiano, quante donne abbia tradito e quanto male abbia così procurato. Vuole solo che non faccia soffrire Aingeal.
Volano le parole. C'è tensione. Tanta tensione. Se non ci fosse l'Alfiere d'Oro, probabilmente si tornerebbe alle mani. Stavolta sul serio. Ma lei c'è. Poco a poco, separa i due. Li sfiora. Utilizza i modi giusti. Adotta la via corretta, e mentre l'uno e l'altro si fanno la guerra, lei mantiene vivo il suo amore per entrambi.
Gheof ha il potere di indebolire psicologicamente Fehrer. L'Alfiere Cromatico deve preservare costantemente la lucidità per non incappare nelle tentazioni servitegli dall'Abietto, il Nero Demonio, ma, infuriato e cieco, non si rende conto dell'avanzata dell'inchiostro denso che gli ottunde i sensi e gli offusca la mente. Rischia grosso. Rischia di divenire ciò che non dovrebbe essere. Questo è l'essere Cromatico. Il Drago beve la debolezza del suo Prescelto e la utilizza per plasmarlo nuovamente, in modo che il male accusato non possa mai tornare a nuocere. Deve sparire. E lo fa indebolito e barcollante, lasciando gli innamorati al loro silenzio.


Commento:

Prima di conoscere Gheof, non ho mai ritenuto opportuno approfondire tanto la scrittura di un riassunto. Ma qui c'è in gioco un'intera notte di spunti. Un'intera notte di: "e ora? Cosa combino a questo qui?"
Non sarebbe giusto non farlo. Non sarebbe giusto non dedicare a queste belle compagne d'avventure un riepilogo degno e delle motivazioni sufficientemente consistenti, che spieghino a chi avrà il coraggio di leggere questa giocata ciò che anima le intenzioni dei due uomini. Credo di averlo fatto bene. Credo di aver elencato come si deve quel che provano. Quel che sentono l'un per l'altro. Ottusi ed estremamente differenti, ma accomunati dall'amore per il Cigno. Fantastica giocata. Devo ringraziarvi perché ho avuto modo di riflettere attentamente sulle mie mosse. E di rievocare lo spirito malvagio e onnipresente del Simbionte, che non poteva stare a guardare mentre il suo Prescelto si lasciava finalmente dominare dalla rabbia. Stay tuned. Ne vedremo delle belle.

- Motivo asterischi -

Per la giocata delle mazzate (http://freeforumzone.leonardo.it/d/10736461/Diametralmente-opposti-Sinceramente-diabolici-II-OK-/discussione.aspx), che ha visto Master Celtico elencare:

Gheof : Salute -30 , necessita di cure per il Naso, ( a tua scelta con chi ) la parte sempre più esposta in caso di pugni senza Guantoni, Oltretutto la mascella avrà influito sulla masticazione, quindi brodino XD . ( x favore role alla mia attenzione )

Fehrer : Salute -10 una role di Riposo a massaggiarsi il mento, avrà un fastidio nel caso di bevuta e sopratutto a mangiare. Poi se vuoi farti curare in questo caso è libera scelta .( x favore role alla mia attenzione )

...come incipit per proseguire. La giocata di riposo c'è per entrambi, e mentre credo che il Cristiano debba ora affrontare quella di cure per sistemare il naso, questa dovrebbe bastare per riportare al top i punteggi del biondo.
Grazie mille in anticipo.


Role:


FEHRER [->Verso il Sanitarium] Ha corretto un paio di volte la posizione di Gheof, massaggiato il mento e indicato al pover'uomo - malamente picchiato - la via per il Sanitarium, ma fra le azioni, poche, che si sono susseguite da che lo scontro fisico è terminato, non troppe parole hanno riempito il silenzio assordante solamente in parte mitigato dal rimbombare dei passi dei tre nel cuore della notte. L'eccesso verbale si è esaurito e la rabbia esplosa negli animi ha lasciato il posto a una fiacchezza che, almeno per quanto riguarda l'Ishtuk della Loggia, non concede neppure spazio al mantenimento d'un cipiglio distaccato nei confronti altrui. Non era nelle intenzioni dell'Alfiere infliggere tutto quel dolore e, adocchiando di tanto in tanto l'andatura del Cristiano, farà per accertarsi che le sue condizioni rientrino nella norma: quella assai comune, all'epoca, che vedeva uomini d'ogni schiatta uscire vincitori o vinti da risse vere e proprie partorite dal sudicio ventre di bettole malandate. L'edificio salutifero è vicino, eppure il cammino non subisce variazioni di velocità. Guida il poco nutrito gruppetto - composto dal suo stesso opponente e da Aingeal, aggiuntasi con le casualità dovute almeno col merito di rimpinguare la quiete tesa ora con un'espressione significativa, ora con un rimprovero -, e sarà quando mancheranno pochi metri all'ingresso, che lo sguardo d'acquamarina si poserà finalmente senza indugio su quest'ultimo. "Ci siamo". La voce è quella di sempre, sebbene un fastidioso grattare di nervi gli rammenti il colpo subìto. Non un lamento abbandonerà le labbra del fu bianco, che affiderà nuovamente a una delle mani il compito di tastare il punto d'impatto delle nocche di Gheof per verificare non ci siano rigonfiamenti. Ci siamo.

GHEOF -Pressi Sanitarium- Non dice una parola che sia una. Prima cosa potrebbe essere il dolore che la mascella gli provocherebbe nel semplice atto di aprirla. Ma soprattutto se decidesse di aprir bocca uscirebbero fuori tante di quelle, diciamolo, invereconde bestemmie che il suo Dio lo punirebbe a vita. La cosa più fastidiosa in assoluto, comunque è stato farsi toccare da quel giovane ragazzo. Vi potete immaginare occhi torvi che si sgranano seguiti dall'arcuarsi di un sopracciglio ed un lento ma rigidissimo no con la testa, atto as esplicare tutto ciò che non può dire. Più e più volte ha tirato su con il naso sentendo vivo il gusto ferroso del sangue scivolargli lungo la gola. Già. L'ha sentito denso come piombo. Non ha mollato un secondo gli occhi azzurri del draconico, li ha seguiti come a premurarsi che non faccia chissà quali gesti inconsulti. Con gli occhi? Con gli occhi, ebbene sì. Dagli occhi esce qualsiasi cosa. Dagli occhi sprizza il baluginio della felicità, dell'astio, della rabbia, del malcontento. Gli occhi non mentono. E gli occhi di Fehrer hanno avuto il più delle volte la stessa identica espressione. Ferma, impassibile, di chi vuole trattenere a forza qualcosa. La carcera dentro di sè. Ma l'arrivo di Aingeal? L'arrivo di Aingeal quello inaspettato. L'ha guardata senza dirle un accidenti di parola. Ha solo parlato con gli occhi. Occhi che hanno guardato un momento Fehrer, ad indicarlo per poi osservare lei, con labbra strette tra di loro, in una piccolissima fessura. E' proprio quel movimento che gli provoca una smorfia di dolore seguito da un mugolio sommesso. ''Ci siamo'' dice Fehrer. Ci siamo. Lo guarda con la coda dell'occhio. Scuote il capo ed accenna ad un:] Ngh...[ con occhi che si socchiudono e mani che si infilano dentro le tasche dei pantaloni. La rabbia? Adesso è un residuo che urla dentro lo stomaco lasciando il resto del corpo in una sorta di anestetizzata calma. Ma urla dentro. Urla perchè ci vorrebbe davvero poco affinchè la fiamma si riaccenda. Basterebbe davvero poco. E' un uomo cosparso di materiale infiammabile. Se solo si accendesse. Non osiamo pensarci. Non osiamo. Aingeal conosce molto bene quell'espressione, quel modo che ha adesso Goffredo. Un'espressione che ha potuto assaporare Aileen, la sua mercante. L'espressione di chi sta per scoppiare. Scoppiare di nuovo.]

AINGEAL { Vicolo-> Sanitarium } ° { E’ passata da una piacevole serata primaverile al freddo di un autunno inoltrato. Passata la coltre di nebbie che divide l’isola dal resto del mondo, la temperatura è calata bruscamente costringendo il Cigno ad avvolgersi nel mantello, calandosi il cappuccio fino a nascondere quasi completamente il viso; solo qualche filo d’oro incornicia la stoffa nera. Come al solito ha fatto di testa sua, lasciando l’isola per rientrare a Barrington senza avvisare nessuno del suo imminente arrivo. E’ fatta così. Indipendente, libera. Quasi mai ha dovuto rendere conto a qualcuno, considerando la sua breve infanzia sotto la tutela dell’arcimaga; ma essere alfiere dei draghi non le risparmia i numerosi rimproveri data la sua giovane età. Fa spallucce mentre cammina di tutta fretta lungo i vicoli della città diretta nuovamente verso la fortezza ancestrale. Avrebbe dovuto scrivere. E’ vero. Ma ha deciso all’ultimo minuto di tornare sulla terraferma, ormai è completamente ristabilita sebbene sia ancora leggermente sottopeso e perdere tempo ad avvisare mezza Barrington –in fondo solo il confratello e il cristiano- del suo rientro, le avrebbe fatto perdere altro tempo e lei, si sa, è fin troppo indipendente. Ma la serata non è iniziata bene. Ha incrociato i “suoi” due uomini per puro caso mentre si dirigevano al Sanitarium e, osservando con attenzione i volti di entrambi, non le è stato tanto difficile mettere insieme quei pochi tasselli: il sangue dal naso di Gheof, la mascella tumefatta e l’indolenzimento al viso del cromatico. I due sono venuti alle mani, questo è poco ma sicuro; il perché è tutto da verificare mentre ora li segue in silenzio a qualche passo di distanza con un broncio sul viso che non tenta nemmeno di mascherare. Perché le persone a cui tiene di più devono mal sopportarsi in questo modo? Ha guardato entrambi per leggere sul loro viso cosa? Orgoglio, rabbia, dolore, esasperazione. Scuote appena la testa. Le sue labbra rimangono sigillate. Qualsiasi cosa dicesse darebbe modo di riaccendere una miccia che non è del tutto spenta. Non ancora. }

FEHRER [Sanitarium | Esterno] Qualunque cosa sia accaduta, non è stata figlia della malvagità. Lo sa lui, che possiede un cuore puro, sebbene plagiato dalle spire fumose del Nero Demonio, e lo sa Gheof, nel cui spirito si annida probabilmente il più atroce dei malanni senza febbre e senza età: la gelosia. L'incrostata ruggine dell'anima. Detto questo, i due uomini non si piacciono. E' un dato di fatto, e nessuno potrebbe contraddire chi scrive a riguardo d'una sentenza inappellabile, che vede apparire lo strappo notturno come una ferita aperta, ma momentaneamente anestetizzata. Lo sguardo del Cristiano è del tutto simile a quello incastonato nel volto dell'Alfiere, sì. Eppure quest'ultimo non darà adito alla follia, distogliendo presto i suoi occhi dalle due gemme di pece che parrebbero chiedergli un impulso in grado di riaccendere la fiamma coperta. Da rovi. Consumati. Quasi. Un'idiozia. Quella non presuppone spessore morale, né consistenza mentale. Quella obbedisce all'istinto, convinta di agire nel bene e di essere sempre e totalmente distante dal torto. Sospira, scuotendo impercettibilmente il capo, facendo in modo che la destra si arrampichi oltre le spalle afferrando così l'elsa della spada lunga, che dalle mani abili e sapienti del suo possessore dovrebbe giungere a quelle altrettanto sicure del custode dell'edificio. Verso quest'ultimo si rivolge: "Abbiamo bisogno di entrare. Non nascondo ulteriori armi, io...", scambiando una rapida e interrogativa occhiata con i due che seguono. A volerli comprendere nell'annuncio all'uomo silenzioso. L'acciaio stride abbandonando il fodero e l'espressione del Nordico, già potenzialmente passibile d'un accenno di serena - e per questo pericolosa - ira latente, s'accende di monito: sarà meglio per questo Grant che la sua arma non prenda neppure un alito di notte.

GHEOF -Sanitarium, esterno- Socchiude gli occhi una volta di fronte la porta. Aingeal può vedere bene questi due. Questi due che hanno dentro qualcosa che potrebbe prepararsi a scoppiare nuovamente. I due non si guardano. Non si guardano per troppo o meglio. Fehrer non da adito a qualcosa che Goffredo sente; sente che c'è ancora qualcosa che gratta, che gratta nel profondo. Che tre pugni sono stati sufficienti soltanto a calmare le acque. Dicevo. Due uomini, uno alto, giovane, biondo con gli occhi azzurri che nella loro assenza paiono parlare a a loro stessi. E Goffredo. Più basso di lui, più maturo, con capelli scuri in disordine dove alla base del collo sono reduci di una grossa sudata. Il mantello copre la sudata che s'è fatto. Il volto è immobilizzato dalla rabbia. C'è una coltre spessa che aleggia attorno a loro due. Una coltre densa che non si vede, è impercettibile, ma si può percepire. E non ci vuole un mago con i poteri per vedere l'aura vitale dei due. I sentimenti che li accomunano e che tengono a distanza in una maniera forzata, faticosamente. Lui sta in silenzio lasciando parlare prima Fehrer. Dopodichè fa un passo. Anzi due. Proprio per avvicinarsi a tale Grant. Sgrana gli occhi ed afferra i lati del mantello alzandoli mostrando camicia e calzoni dove non c'è nessuna cinta con armi, niente di niente. Ha una scarsella. Scorre lo sguardo tra il proprio corpo e quello dell'uomo che si occupa del Sanitarium. Va ad aprire quella scarsella, tirando su con il naso. Deglutisce un'altra goccia di sangue.] Qui ho un pennino. Ho un taccuino ed un'ampolla con dell'inchiostro. [La mano destra sale nervosa a fare qualcosa di cui poco dopo si pentirà. Gli prude il naso. Gli prude perchè il sangue s'è incrostato sotto la pelle della narice. Stringe un momento gli occhi per muovere uno sguardo veloce verso Fehrer. Lo guarda come a maledire lui e tutta la sua stirpe, ritornando sull'uomo.] Non ho nient'altro. Sono pulito. Pulito ed inoffensivo. [Lo dice con voce molto bassa. Quasi gratta, diventa roca, pare più un ringhio quello di lui. Va con gli occhi verso Aingeal, adesso. Indietreggia di qualche passo a farle spazio. La osserva e reclina appena all'indietro il volto. Guarda lei e non Fehrer. Scuote un momento il capo schiudendo la bocca. Prende aria. Aria che va a rinfrescare la gola, scivolando lungo l'esofago. Brucia, è in fiamme.]

AINGEAL { Esterno Sanitarium } ° { Uno è geloso. Terribilmente. L’altro si comporta da fratello premuroso. Di fatto lei è in mezzo ad una diatriba tra due uomini che mal si sopportano e non fanno nemmeno fatica a nasconderlo. Tutt’altro. Le braccia conserte sotto al mantello si sciolgono, la mano destra va a posarsi sull’elsa della spada, imitando l’azione di Fehrer, estraendo la spada dal fodero per consegnarla all’ingresso. Vuole sapere perché sono finiti alle mani, perché si odiano così profondamente quando invece lei prova forti sentimenti per entrambi. Certo di natura differente, ma ugualmente sinceri e intensi. Lo stridore di lame supera il suono del sospiro che fuoriesce dalle labbra appena dischiuse, è solo la nube di vapore condensato che si forma attorno alla sua bocca che lascia intuire il dispiacere per quella situazione. Sì perché niente sembra appianato. Essere venuti alle mani non ha dato modo a questi due uomini di appianare le loro divergenze, i loro dissapori. } Ho solo questa. { Mostrando la spada a Grant e consegnandola all’inserviente una volta entrata. Entra per prima, li lascia indietro rifugiandosi tra le ombre del corridoio in attesa che anche loro facciano il loro ingresso. Arriverà il tempo delle spiegazioni. Le pretende, perché questa storia finisca questa notte stessa. }

FEHRER [Sanitarium | Corridoi] Una guerra fredda, si è detto. Al momento bastarda al punto da negare la memoria dissuadendo il Draconico dall'indagare con calma sulle sue radici. Ma fin quando potrà sperare, quieta, che si spengano le voci di chi può raccontarla? E, pure in quel caso, la resa forzata in favore d'una pace tutt'altro che tollerata continuerebbe ad esistere? No. La guerra tornerebbe. Con un altro nome, un altro volto, un'altra filosofia. A distruggere quel poco che, per amor del Cigno che li segue dappresso, egli sta cercando di proteggere. Lo avverte, quello strato denso coagulatosi sulle loro teste. In attesa di scendere e di mietere il primo capo, che apparterrà a colui che brandirà nuovamente le armi. Riluttante resta senza la sua, fra le scapole la mancanza del peso entro il quale è familiarmente intessuto il suo senso di sicurezza, eppure non dice nulla. Non dice nulla, quando Gheof pare prestargli un fianco, riducendo pericolosamente ampie distanze che è bene rimangano tali; non dice nulla, quando il custode rinuncia giustamente alla requisizione dei beni del Cristiano; non dice nulla, soprattutto, quando l'impulso di precisare che le apparenze dicono che il suo opponente paia tutt'altro che pulito, con quel sangue raggrumato sul volto, è enorme; e non dice nulla quando giunge il turno di Aingeal, che non osserverà direttamente, giacché l'Alfiere d'Oro rappresenta nella notte che avanza la croce e la delizia dei due litiganti. Quale quadro interessante, il loro. Probabilmente ognuno d'essi si starà domandando se il destino che li vede convergere sia stato deciso dalle carte toccate loro in sorte, o dal modo in cui le abbiano giocate. Lui è il secondo ad entrare. Incontra gli occhi di Grant, nuovamente, dunque il suo acciaio, affinché non ci sia muta richiesta più esplicita, infine infrange anch'egli il silenzio dell'edificio, lasciandosi dietro il Cristiano e l'aria che gli casca attorno come brandelli di morte.

GHEOF -Ingresso- Il Sanitarium. Lui in pochi mesi l'ha già visto diverse volte. Diverse per poter trovare un luogo dove alloggiare. Una per un furto ed un calcio impertinente ed ora nuovamente dove il naso è gonfio ed una mascella molto dolorante. E' l'ultimo ad entrare. Fa passare Aingeal. La segue con gli occhi e per un momento ne cerca lo sguardo. Lo sguardo di lui è uno sguardo che le parla. Le dice io te l'avevo detto. Io te l'avevo detto. Ma la voce resta dentro la gola. Perchè poi segue Fehrer. Segue lui e le sue spalle. Chissà quale autocontrollo lo costringe a restare immobile. L'istinto è quello di prenderlo per le spalle e sbatterlo contro lo stipite della porta per urlargli contro, ancora. Ma lì c'è un Grant che tiene sottocontrollo la situazione ma soprattutto c'è Aingeal che s'è chiusa in un comprensibilissimo silenzio. Quindi gli occhi seguono Fehrer prima d'addentrarsi anche lui e chiudere la porta alle proprie spalle. Inspira dal naso e si muove, cammina con passo appena più spedito ad oltrepassare il draconico e guardarsi attorno. Nessuno, non c'è nessuno che possa verificare il suo stato di salute. Quindi che fa. Afferra una sedia per lo schienale, la trascina rumorosamente -tutto a capo chino, mossa davvero sbagliata perchè un altro rivolo di sangue, impertinente vuole oltrepassare la sua narice. L'indice tampona là sopra ma la mano occupata alza appena quella sedia mettendola poi, rumorosamente in terra. Ci si siede maleducatamente per primo, ma questo non è il momento per la cavalleria, tutt'altro. Si mette proprio di fronte a Fehrer, da seduto. Lo guarda muovendo appena il mento verso l'alto. labbra schiuse a far respiri profondi. Qualche volta il fiato trema. Brutto segno. Allarga le gambe e porta il orso della mano sopra il proprio naso.] Allora? Che cosa dovrei dirle io, a questa bambina? Sentiamo come parla il giovane. [Guarda Fehrer. Lo guarda per un intenso, lunghissimo ed al contempo brevissimo istante poi gettarsi su Aingeal con gli occhi. La guarda dalla punta dei piedi fino ad arrivare al suo volto. Reclina appena il capo di lato. Come se la stesse ammonendo. Noi non dobbiamo giustificare nulla. Nulla. Allarga un momento le palpebre per poi reclinarle all'indietro, un attimo. Dolore al setto nasale. Dolore intenso.]

AINGEAL { Corridoi -> sala degenze } ° { Per il custode non sarà difficile capire chi ha bisogno di cure facendo strada verso la sala degenze. Ad occhio e croce non sembrerebbe nulla di grave, forse un naso rotto, nulla di più. Ma è l’orgoglio a bruciare e a corrodere l’animo di entrambi. Il giovane Cigno è davvero stanco di questa situazione. E’ stanca di dover raccogliere i cocci anche all’interno della sua famiglia. Questa notte farà in modo di mettere la parola fine a quel duello che vige tra i due uomini. Con le buone o con le cattive, a costo di prenderli a schiaffi entrambi. Non è arrabbiata, ma delusa. Delusa perché due uomini grandi e grossi non riescono a trovare un punto di incontro rimanendo fermi nelle loro supposizioni, giuste o errate che siano. Ama Fehrer come quel fratello che non ha mai avuto e che ha viso solamente in Azhael. Ama Gheof perché l’ha scelto come suo compagno. Perché loro non possono andare d’accordo? O per lo meno provare a tollerarsi se proprio non riescono a fare altro. E invece non ci provano nemmeno e non è la prima volta che tra i due si accende la scintilla del disprezzo e dell’ostilità. La notte è fredda ma l’interno della dimora è riscaldato piuttosto bene facendo avvampare il viso della giovane Dorata mentre osserva il fare del cristiano le cui movenze irruenti non fanno altro che fargli sanguinare il naso nuovamente. Ma lui pare non accorgersene oppure evita di proposito di tamponare sfidando verbalmente il confratello. Guarda Gheof e poi Fehrer. Non giudica nessuno. Non prende le parti di nessuno se non di se stessa. } Io non sono una bambina. Faccio le mie scelte consapevolmente e vorrei che fossero rispettate. { Sposta lo sguardo da uno all’altro, ammorbidendo appena le labbra e il tono della voce. } Ditevi quello che volete, fatelo in mia presenza. Sputatevi anche addosso l’astio che provate, ma fate anche in modo che sia l’ultima. Non voglio vedere i miei uomini odiarsi in questo modo. { Usa quel pronome possessivo volutamente perchè appartiene ad entrambi anche se in maniera differente. }

FEHRER [Sanitarium | Corridoi] E lui, invece, questo luogo lo conosce per sentito dire. La sola - e cocente - volta in cui ebbe bisogno di cure, Dodaiux gliene prestò nei pressi d'un campo improvvisato alle pendici del vulcano verso il quale si diresse, intriso di cenere e dolore, a tentoni, la testa integra probabilmente per volere d'una Dea estremamente benevola. La penombra dell'edificio è il massimo cui potesse sperare per lasciar libera di vagare l'espressione, cupa e assorta, sulle mura anch'esse malate. Ha sempre pensato a queste pareti come a un focolare di febbre, sangue e malanni, e resterà circondato dalla loro incartapecorita coltre quel tanto che basta per permettere a Gheof di riaversi e ad Aingeal di chiarire. Già, Gheof. Gli passa davanti e in quel momento ricorda d'avergli dato le spalle, inclinando il capo verso una spalla e massaggiando il mento più per curiosità che per reale rimprovero personale. Oltre che per tamponare la lieve fitta del teso fascio di nervi toccato dalle nocche di costui. Se lui si accomoda su una sedia, il 'giovane', ignorando l'appellativo del fu monaco, o chissà che altro, gli dedica, cercherà col fondo della schiena la solida certezza d'un appoggio a un piano maggiormente elevato. Andrà bene, qualunque stanza avranno varcato i tre, un banco o un tavolo. Incrocia gambe e braccia e lo guarda fisso, donandogli immediatamente una risposta. La prima che gratta le cervella e quella che il suo ego gli suggerisce sia giusto elargire: "Che il suo uomo ne ha sfidato uno sbagliato". Le spalle forti si stringono appena e una piega seria delle labbra, che formano ora un cipiglio in attesa, donerà al Mediterraneo la percezione che ce ne sarebbero di cose da dire. E che forse il suo draconico avversario attende il momento propizio per ribadirle. "Dovreste tenere la testa sollevata..." ripete dopo qualche tempo da che pronunciò queste parole la prima volta. Che ora lo faccia per scherno o per seguire la stessa linea tiepida intrapresa poco fa, questo non sarà dato sapere a molti di coloro che tenteranno di leggerglielo in viso [Sangue Freddo III]. Il respiro del Simbionte dalle scaglie di pece sarebbe il tamburo di guerra per chiunque non possedesse la sua volontà; col tempo, l'Alfiere ha imparato a erigere una barriera inespugnabile per separare la necessità di attingere dalla furia del Demone e l'inservibilità della stessa, e questo è uno dei momenti in cui frutterà la seconda ipotesi. L'Abietto potrebbe violare questa trincea con un soffio, eppure la situazione è ripugnante perfino per chi agita membra nelle più inconcepibili brutture. Le parole di Aingeal fanno muovere all'uomo dell'Armrinn, lentamente, gli occhi su di lei. E sarà palese a entrambi chi sia il destinatario della voce del Nero, sebbene il volto non sia dedicato a lui. "Credevo non vi sareste fermato fintanto che non aveste ottenuto delle scuse - che non otterrete - o non aveste provato una rivalsa fisica nei miei confronti". Poi c'ha preso la mano. E ha colpito. Non duro come avrebbe potuto, ma ha colpito.

GHEOF -Corridoi- Respira molto piano, sentendo che nella narice colpita s'agita qualcosa di fastidiosamente umido. Lui tace, per il momento. Tace quando parla Aingeal. Lei non è una bambina. Lei è la sua bambina. Ma questo è affare suo. E di nessun altro. I suoi uomini. I suoi due uomini. Ma poi sentilo. Sentilo come parla bene il giovanotto. Sentilo come snocciola una per una piccole stilettate che s'infilano nel cervello di Goffredo. Sporge la schiena. Sporge la schiena andando a poggiare i gomiti sulle ginocchia, le mani restano mollemente a penzoloni. Socchiude gli occhi reclinando il capo di lato. Poco gli importa del sangue, poco gli importa del dolore. Arcua un sopracciglio.] Uno dei suoi uomini. Volete farmi l'accortezza di quale tra i due suoi uomini stiamo parlando? Dobbiamo specificare, oh, già. Dobbiamo essere molto chiari, sì? [Alza un angolo della bocca. Ma poco dopo se ne pente. Chiude gli occhi un momento respirando profondamente.] Se aveste un poco di sale in zucca dopo che Vi siete seduto al mio tavolo avreste dovuto riporre le Vostre scuse, ma non l'avete fatto. E perchè non l'avete fatto? Perchè forse il Vostro giovane cuore puro non sbaglia mai? I vostri occhi sanno guardare... oltre? I vostri occhi che sono vetri appannati dovrebbero chiudersi, asciugarsi e contare fino a cento, sempre che un cavaliere abbia avuto il tempo, tra un allentamento e l'altro, d'imparare a contare. E poi, solo poi pensare di fare allusioni sul mio conto che non hanno nè capo nè coda. Ma, a monte, e questo ve lo insegno io, prima di affrontare argomenti riguardanti il vissuto di qualsivoglia persona, dovreste imparare a conoscerlo. Perchè per me, con quegli occhi potreste essere la persona che ha visto tanto orrore da celare le sue emozioni dietro un sguardo assente per paura di vedere che cosa preserva il presente il futuro o chissà cosa altro diamine. Potreste aver visto la vostra famiglia sterminata o Dio solo sa cosa. Ma. A me, non importa. Non interessa un accidente di ciò che siete stato. Ciò che m'importa è che un ragazzino con quattro peli in faccia s'intromette nella mia vita privata quando io. Io. [E qui batte la mano sul petto.] Ho visto una bambina con pochi chili addosso e tanta stanchezza con addosso armi più pesanti di lei svenirmi quasi tra le braccia. E Voi eravate in un dannato mercato a fare chissà cosa diamine. [Il bambina lo rimarca. Certo che lo rimarca. Perchè lei è piccola. La guarda un momento per poi tornare da Fehrer. Goffredo lo guarda negli occhi a differenza sua. Lo guarda negli occhi, non gli sfugge. Non gli sfugge una virgola dei movimenti delle sue pupille. Parla controllato Goffredo. Parla a briglia sciolta, parla perchè è maledettamente convinto d'aver tutte le ragioni del mondo.] E non sono bastati due schiaffi al mercato, ragazzo. No, non sono bastati, volevate rincarare la dose, non è vero? Voi, il vostro amatissimo compito, la Vostra altissima missione e stringermi la spalla come a dire muovetevi. E mi sono mosso. Mi sono mosso senza una dannatissima arma. Perchè avete esagerato. Esagerato in una maniera che non comprendo. [Si fa indietro con il busto a poggiare la schiena contro lo schienale. Tira su con il naso, un'altra. volta.]

AINGEAL { sala degenze } ° { Nessuno dei due vuole mollare. Entrambi proseguono nella propria direzione e, se per questo dovessero calpestare l’alfiere d’oro, poco importa. Qui si tratta di orgoglio maschile e quando c’è di mezzo quello, non esiste niente in grado di far abbassare la cresta a due galli che si contendono il titolo di Re del pollaio. Uomini. Lo sguardo della ragazzina si posa sul viso del confratello. Non ha ben chiara la situazione, devono essersi beccati su qualcosa, o meglio su qualcuno. Il cristiano pretende delle scuse da parte del Fu Bianco, che non arriveranno mai. Tanta ostinazione e presa di posizione da parte di entrambi non farà che peggiorare la situazione. Le dispiace vederli così ai ferri corti. Non devono per forza provare sentimenti idilliaci, ma potrebbero per lo meno fare a meno della violenza fisica, oltre a quella verbale che non fa altro che generare ulteriori attriti. Le parole di Gheof illuminano parte di quello che potrebbe essere successo. Giudizio affrettato. Supposizioni errate. Non lo sa. Di certo hanno fatto infuriare il cristiano a tal punto da arrivare alle mani. Sì perché anche se non deve essere stato chissà quale attacco, è certa che qualche pugno deve averlo incassato anche il confratello. Non riesce ad immaginare lo studioso in un atteggiamento fisicamente violento. A parole ne ha da vendere. Lui colpisce e ferisce con quelle. Lo sa bene, ma venire alle mani… davvero non riesce ad immaginare cosa possa aver scatenato una reazione simile. } Vi voglio bene. Vi amo entrambi. Non potreste evitare di insultarvi gratuitamente? Fatelo per me, se non riuscite proprio a trovare un punto di incontro. { Non guarda nessuno. I suoi occhi fissano il vuoto avanti a sé. Prende un profondo respiro tornando a guardare il cristiano. } Io ti ho scelto. E questo solo deve importarti. Non ci saranno giudizi sul tuo conto a farmi cambiare idea. Io ti conosco. Ho visto ciò che sei. {Allunga le labbra in sorriso mentre nei suoi occhi si ripresenta l’attimo in cui le barriere attorno al cuore del cristiano cadono definitivamente davanti a lei. Sposta l’attenzione sul confratello, portandosi davanti a lui vorrebbe appoggiare la sua mano sulla sua. } Sei mio fratello e ti preoccupi per me. Lo capisco. Ma ti chiedo anche di aver fiducia di me, così come tu mi hai chiesto di averne nei tuoi confronti. Ricordi? { E’ chiaro che si riferisce a quel confronto che ebbero subito dopo che il cromatico le rivelò di essere stato “morso” dalla sorellastra. }

FEHRER [Sanitarium | Stanza Cure] "Se aveste un po' di sale in zucca non mi pestereste i piedi, infrangendo il mio territorio. Che non verte attorno a questa ragazzina, che è e sarà estremamente libera di rendere la feccia uno spicchio celeste, ma altro. Allusioni e accuse le ha partorite prima la vostra simpaticissima mente". Non c'è ira né fastidio nella voce del Nordico, che guarda al Cigno con la massima dolcezza che mai, probabilmente, altre creature lasceranno germogliare dentro di lui. La osserva per un poco, senza l'intento di insultarla o di utilizzarla meramente per le sue parole, ma avvalorando implicitamente quella teoria, ché non le è stato accanto per lungo tempo, prima di muovere finalmente l'attenzione sul volto di Gheof. Non c'è una sola parola che non strida nella mente dell'uomo dell'Armrinn, che sospira fortemente. Lui può farlo. Lui può concederselo. Il passato preso e rivoltato come un guanto, pur se malamente, è un affronto che non può ignorare, e sebbene ci sia Aingeal a fare da spettatrice, l'Ishtuk non limiterà le sue riflessioni e la sua rabbia sopita. Gheof crede che il Cigno conosca a menadito ogni sua espressione, e che a tratti non debba accostarsi per evitare la sua ira, nei giorni segnati di rosso. E' anche vero, tuttavia, che la stessa 'bambina' ha scorto una volta l'ira farsi largo fra le pieghe dell'espressione del Nordico... e non fu che un misero assaggio di ciò che un Cromatico è in grado di scatenare. "Un Cavaliere..." esordisce mettendo insieme le parole. Non è facile. Quest'uomo gli offusca i pensieri e gli ottunde la lucidità. A quest'uomo spaccherebbe il cranio e basta. A quest'uomo mostrerebbe quello scheletrico dell'Abietto, per vedere il terrore sgomitare e farsi largo. "Un Cavaliere - perché Aingeal lo è! - è forte. Integro. Risoluto. Determinato. Implacabile. Questa ragazzina ha affrontato la vita spartana della Loggia, ha affrontato allenamenti che nessuno alla sua età sopporterebbe, ha affrontato la perdita di amici e parenti... STA AFFRONTANDO L'ASSENZA DI CHI E' DIVENUTO PADRE!" il tono s'eleva. Raggiunge una scala che sveglierebbe pazienti dormienti. "E voi vorreste farmi credere..." continuerebbe sollevando un braccio, per fermare Aingeal. Per chiederle di lasciarlo proseguire. "...che sia mia la colpa per le sue condizioni? Per il semplice motivo per cui non le ho dato... delle mele? O del cibo? Lasciatemi capire. Voi ne violate l'ingenuità, spezzate ciò che è per il vostro vecchio egoismo e rischiate di..." osserva Aingeal. Le osserva il ventre. Per brevi attimi. Senza malizia. Senza secondi fini. Il suo ragionamento, per lui, non fa una piega. Il pallore del Cigno, la sua salute in bilico, il suo problema a rapportarsi col cibo. Ciò di cui viene così a conoscenza lo disgusta, e con disgusto scruta il Cristiano. Il tocco della consorella non lo placa. "Non chiedermi questo, Aingeal. Non rivangare cose che è bene rimangano sepolte. Mi fido di te. Non mi fido di chi ti sta accanto. Non mi fido delle sue mani e dei suoi vecchi peccati". Sì, peccati. Lo ripete e lo ripeterà ancora, non per alterare i sentimenti tra i due, quanto perché il suo avversario ha sviscerato una parte della sua esistenza compromessa. Ne ha parlato con leggerezza, insistendo tuttavia che la sua rimanga intatta. "A me non importa, invece, che le vostre vecchie abitudini rimangano impunite là, da dove venite. Mi importa che sia in grado di giudicarle io, perché, francamente, la vostra reazione mi dà la consapevolezza che ogni mia supposizione sia vera. Io mi sono allenato duramente. Sì. Duramente. L'ho sempre fatto. Voi avete studiato. Vi è stato donato l'insegnamento per un qualcosa che avreste dovuto seguire, ma che avete trasceso. Non mi importa del fatto che abbiate fallito. Non mi importa abbiate reso vittime coloro che per amore o rinculo della disperazione si siano messi sulla vostra strada. Mi importa che non le facciate del male. Mi importa che non soffra per causa vostra. Mi importa di lei. Ve l'ho già detto: lei non è un possesso. Lei non vi appartiene. Lei è semplicemente vostra. Nessun diritto potete vantare su questa ragazzina".

GHEOF -Corridoi- Serra le labbra tra di loro. Due dita, indice e medio, fregano le barba. Socchiude l'occhio sinistro. Adesso, dopo aver detto la sua attende. Attende ed ascolta quello che non voleva dicesse Aingeal. Potrebbe essere un nonnulla. Certo, lei ha scelto lui, è tutto vero. Il problema sono GLI ALTRI. Gli altri che vanno da Tarkhan arrivando a Ghadia, sfiorando Alexandra ed inducendo nuovo disgusto nel draconico che ha di fronte. Lui lo sa. Goffredo ha una certa età e quest'età l'ha portato a conoscere i sentimenti, quelli infidi delle persone, di chi si sofferma all'apparenza, di chi immagina un uomo scafato di quarantadue anni che mette le mani sopra il corpo di una giovane che dovrebbe essere illibata. E a questa gente si può dire qualsiasi cosa che non troveranno comunque pace, non troveranno una ragione. Vedranno solo l'uomo con le rughe che si lecca l'angolo della bocca per asciugare l'acquolina nel vedere tra le mani invecchiate la pelle tenera e morbida, fresca e piena di una giovane. La sola immagine fa rabbrividire. Lui lo sa. Perchè qualche volta lui se l'è chiesto. Sono un pervertito. Se l'è chiesto le prime volte che ha incontrato questa ragazzina che nulla di malizioso ha fatto se non mostrargli il sorriso e donargli il suo cuore dalla prima volta che l'ha incontrato. S'è guardato anche lui da fuori mentre disegnava su carta l'ipotetico seno appeso, resistente alla forza di gravità. Se lo chiedeva, come sarebbe stato essere violare una ragazzina. A lui non importava null'altro che questo. Ma adesso le cose sono profondamente diverse. E' tutto molto, molto diverso. Ma gli occhi degli sconosciuti sono SEMPRE GLI STESSI. Sono gli occhi che vedono un uomo di quarantadue anni che si getta addosso ad una ragazzina neanche maggiorenne. Lui guarda Aingeal e reclina il capo di lato. La guarda con la coda dell'occhio e scuote lentamente il capo. Glielo ha intimato più volte, di tacere. Di tacere, di farsi gli stramaledetti affari suoi. No. Lei giustamente, nella sua purezza, non ha nulla da nascondere. Lei se ne frega del marcio che c'è nelle persone. Lei vede il contenuto del libro, non certo la copertina. Lei è cristallina e Goffredo vorrebbe preservare quella sua brillantezza, soprattutto adesso. Ma la vede la faccia di fehrer ed il suo disgusto nelle sue parole, il disgusto che cresce, di una rabbia che supera i decibel di controllo. Socchiude gli occhi. Lui se ne sta seduto e guarda come lui alza il braccio verso la Sua. A farla tacere e continuare nel suo canto di rabbia. L'urlo di chi è stato colpito a fondo. Inspira dal naso e trattiene l'aria nei polmoni. La miccia sta prendendo fuoco. Sta prendendo fuoco perchè ritorna a quest'uomo che stanno cercando. Ma soprattutto le guarda il ventre. C'è stato il momento del dubbio. Il momento in cui lei ha messo il tarlo del dubbio su una sua eventuale gravidanza. Goffredo ha fatto finta di nulla. Ha fatto finta di nulla davanti a lei. Non sarà niente, figuriamoci. Ma ha pregato Dio che non ci fosse niente. Perchè lui in realtà è scappato davvero ogni volta che ha visto una pancia che portava in grembo qualcosa creato da lui. Come tutto quello che lui ha creato è stato indissolubilmente spezzato. Lui, la sua missione. Brucia. Brucia tanto quanto Fehrer. Bruciano entrambi. Lentamente si alza. Si alza a capo basso. Si avvicina con la stessa lentezza arrivando al fianco di Aingeal. Ma guarda Fehrer.] Contare fino a cento. Vi ho chiesto soltanto di contare fino a cento. Prima di parlare. Prima di dare adito a quella bocca che sputa sentenze. [La mano destra va a carezzare il fianco di Aingeal. Lo fa un momento e lo fa con una presa decisa, percorrendo la vita, scivolando un momento sul fianco. Marca il territorio per poi chiederle con gli occhi, proprio a lei di allontanarsi. Perchè qui la questione sta diventando molto, molto personale. Si sta trattando di due passati a confronto. Due tipologie di passato molto differenti ma al contempo simili per gravità. Fa un passo verso Fehrer.] Non è una dannata mela. Non è un sacco di mele. E' responsabilità che dovrebbe avere qualcuno che ha qualche anno in più di lei. Quest'uomo che è diventato padre è sparito. Io mi sono stancato di quest'uomo. Di questo Azhael e di ''Goffredo che non prenderà mai il suo posto nel cuore di Aingeal, tanto quanto ha fatto lui. Mi sono stancato di quel disgusto negli occhi. Che c'è? Che hanno i miei occhi. Che ho in faccia che non va? [Si avvicina di un altro passo, ad andare proprio un metro davanti al draconico. Con lam nano destra si sfiora il volto. Poco importa se fa male.] Che ci vede in questa faccia? Quali peccati? Quali peccati ho commesso io? Fallimenti? Parlate di Fallimenti e di peccati impuniti. [La mano destra si chiude a pugno. Si chiude molto forte trattenendo a forza la rabbia, per non esplodere.] Che ne sapete Voi di quello che ho fatto, di quello che sono? Chi siete per innalzarvi a giudice? Che cosa conoscete di me? Di quello che ho fatto prima di arrivare qui? L'unica che è di queste terre qui è Aingeal Wright. Siamo entrambi stranieri, immigrati, non siamo più nella terra che ha visto il sangue delle nostre madri partorienti. Bastardi. Bastardo io e bastardo voi. Bastardo tu, ragazzo. Che osi parlare di fallimenti. Che ne sai. Che ne sai. Che ne sai. [Lo ripete tre volte, lo ripete calcando involontariamente l'accento tipico delle sue terre. Da buono studioso ci prova a parlare la lingua corrente con la pronuncia corretta ma adesso il sangue delle sue terre esce, esce più vivo che mai. Lui che è stato giudice di anime peccatrici.] Andatevene via. Andatevene via se volete far felice la Vostra consorella. Andatevene via prima che non riesca a rispondere delle mie azioni un'altra volta. [Ira. Ira accesa, di nuovo.]

AINGEAL { sala degenze } ° { Le labbra rimangono appena socchiuse con le parole che scemano senza prendere realmente suono. Lo sguardo de confratello al suo ventre la fa arrossire. Di vergogna. Non quella vergogna di chi ha commesso qualcosa di sporco, piuttosto l’imbarazzo e il disagio di non essere riuscita a tenere per sè una cosa tanto intima. Tanto delicata. Ne ha affrontate tante, è vero. Tutto quello che dice Fehrer corrisponde a verità sebbene sia così giovane. Non sono i suoi diciassette anni… sono quattro e, per quante ne abbia passate, vissute; per tutte le volte che si è rialzata dopo essere caduta, quei pochi anni vissuti la rendono, agli occhi di chi la conosce, come una bambina ancora da proteggere. Da accudire. Lo sa il confratello. Lo sa il cristiano. Non troveranno mai un punto di incontro, ora ne è certa. Ognuno fermo sulle proprie posizioni, certi di avere ciascuno la ragione dalla loro parte. E Aine? Aine è in mezzo. Una ingenua sognatrice, idealista. Ecco cos’è. Volano accuse, la voce si alza e le supposizioni prendono consistenza. Forma. Abbassa il braccio che torna istintivamente su quel ventre piatto. Viaggiano le parole. Viaggiano da entrambi le parti e sono pesanti come è il ferro che ha dovuto imparare a tenere in mano. Pesanti come lo è il cuore di chi attende di ritrovare un proprio confratello scomparso. Di chi vorrebbe un po’ di amore e trova solo muri e barriere impossibili da scalare. Trasale quando Gheof le circonda la vita, quando rivendica la sua posizione al suo fianco. Sta per cedere. Sta per allontanarsi nuovamente perché possano fronteggiarsi. Ma non può. Qualcosa le impone di rimanere lì in mezzo arrestando una corsa che si concluderebbe nuovamente con altra violenza. [ °°Lascia pure che questi sciocchi vengano alle mani! Pochi sanno quietare le bestie che conservano da un retaggio antico... in pochi conoscono quanto valore c’è nel compiere un passo indietro…°° ] LA voce del dorato tuona disgustata da quella diatriba accesa solo a difesa della sua pupilla. Nessuno meglio di lui è in grado di preservarla. Il Cigno ci prova a mettersi in mezzo sul serio, a sbarrare l’avanzata di Gheof e a fare in modo che nemmeno il confratello possa raggiungerlo. } Fermi vi prego! FERMI! Dite che mi avete a cuore… ma non fate altro che farmi soffrire. Alimentate solo i vostri rancori… a voi non importa niente di me, vi importa solo che il vostro orgoglio non sia ferito più del necessario! Che il vostro ego non rimanga offeso. A me interessa cosa siete ora. Del vostro passato cosa volete che me ne faccia? Dal passato si può fuggire, può far male oppure si può apprendere per migliorare. { Allungherebbe le braccia affinchè la mano destra si poserebbe sul petto di gheof e la sinistra su quello di Fehrer. } Ve lo chiedo per favore… finitela di litigare! { Rimbalza con lo sguardo da entrambi perché possano vedere, oltre che sentire, cosa c’è in quegli occhi chiari. Cosa c’è nel suo cuore. }

FEHRER [Sanitarium | Stanza Cure] Socchiude gli occhi come la sua controparte ha fatto. Gheof non ha davanti a sé un amante geloso, da innervosire con tocchi o sfioramenti di Aingeal. Quel contatto non lo nota neppure. Scivola dal suo campo visivo, perché l'attenzione è tutta per lui e per l'avvicinarsi repentino. Non deve avvicinarsi così. Non può farlo. L'ha verificato una volta, lo verificherà nuovamente quando l'uomo dei ghiacci, tutt'altro che intimorito - e come potrebbe? Un colosso apparirebbe agli occhi del Cristiano che, pur se spinto dalle sue buone ragioni, comprenderà d'essere in svantaggio sotto il profilo puramente fisico! -, asseconderebbe quei movimenti avanzando anch'egli, almeno d'un passo, per staccarsi dal banco e per ridurre a un respiro la distanza da chi osa, ma chiede di non farlo viceversa. Aingeal si frappone, eppure l'Ishtuk dovrebbe poter scorgere dall'altezza che raggiunge comunque il volto del suo opponente. "Voi volete, anzi, esigete rispetto, ma non ne cedete in cambio. Intimate di non fare parola del vostro passato, e nello stesso momento infangate il mio. Cosa ne so io? Cosa ne sapete voi! Cosa, bastardo? Credete che associarmi a un barbaro renda meno evidente o più sopportabile la differenza di vedute che c'è tra me e voi? Credete forse questa differenza stia nelle nostre radici? No. Ve l'ho già detto una volta: vedete ciò che vi occorre o garba vedere, senza curarvi della realtà delle cose. Io ho sepolto guerrieri amici e nemici per onorare entrambe le cause. Io ho sepolto bambini con bandiere e stendardi più pesanti di loro, mentre uomini come voi si sollazzavano..." La mano di Aingeal lo raggiunge sul petto. Ansima come una bestia rabbiosa e studia Gheof col fare di chi vorrebbe, ma placa l'ira per il bene della ragazzina. "Sono stato l'ultimo baluardo delle mie terre. Non vi permetto di insultarmi. Non vi permetto di brandire la mia vita come fosse un'arma da ritorcermi contro. Ho fallito, ma d'un fallimento disgraziatamente procuratomi dalla feccia che neppure a voi augurerei d'incontrare. E non v'azzardate a paragonare il mio fallimento al vostro. Le vostre parole, ciò che siete, quel che fate... mi dicono che il vostro fallimento ve lo siete tirato sui piedi voi stesso. Non paragonatemi a voi. Non badate a me soltanto per nascondere a voi stesso che la ragione è tanto vicina da schiacciarvi. E non fatemi ridere: mi biasimate per le condizioni di Aingeal, e nello stesso tempo mi impedite di starle accanto - con quale diritto non ne ho idea: i medaglioni che indossiamo mi porterebbero a dare la vita, per la sua salvezza - per proteggerla, scorgendo in me chissà quale voglia conquistatrice. Io non sono un barbaro. Io non voglio, né potrei farle del male. E voi confermate giorno dopo giorno di saper vedere del peccato ovunque, anche quando non ve n'è traccia. Sì... siete malato come pensavo". Osserva Aingeal e lo fa con un misto di affetto e rancore: perché diamine dovrebbe metterla su questo aspetto? "Io non posso impedirle di seguire il suo cuore". Lo sguardo lentamente torna sull'altro. "Non vedo perché dobbiate farlo voi".

GHEOF -Stanza Cure- Io, io, io, io, ed io. Io ed io. Lo guarda in faccia mentre sente la mano di Aingeal andare a farsi sul petto. Lui, Goffredo, che cosa ha fatto, Goffredo? Cresciuto nella consapevolezza che la vita è il male da espiare. Lui, la sua vita costretta dentro un monastero. Alza un angolo della bocca a sentire tutte queste sue. Quello che ha dovuto fare lui? Gli anni sono molti. Sono tante le cose che ha fatto e che ha veduto. Ma Gheof non dice quello che è stato, quello che è dovuto essere, quello che ha cerca da una vita. Goffredo non era in mezzo a fila di combattenti, no. Goffredo stava dietro le righe, ma non parliamo di strategia militare, no. Per quello ci sono menti allenate nella conoscenza dell'attacco fisico. No. Goffredo era ancora dietro. Laddove la guerra si trama, nasce, si racconta, laddove si tirano le fila. Umetta le labbra e guarda il ragazzo negli occhi. Uomini come lui si sollazzavano. Lui porta una mano sopra quella di Aingeal. La stringe con forza. Respira profondamente dal naso ed incassa. Incassa i lamenti, nuovamente di chi in mezzo alla guerra c'è stato. Di chi ha perso tutto. Di chi non ha null'altro che il suo corpo che è involucro di nulla. Di chi si aggrappava alle sue vesti magari chiedendo perdono per aver urlato in nome di Dio la guerra del sangue. Di avere l'estrema unzione da chi la guerra l'ha provocata. Lui, come le molte cariche più in alto di cui si occupava. Lascia la mano di Aingeal e si fa avanti di un passo. Ma questa volta c'è un altro sguardo. Lo sguardo di chi sente, per l'ennesima volta sente i lamenti distrutti di chi ha perso tutto. Ci aveva visto giusto, alla fine. La morte negli occhi. Di occhi assenti, così assenti ne ha dovuti vedere una moltitudine, a partire da quelli di quella povera contadina di sua madre che aspettava a casa un padre contadino che aveva tenuto in mano solo una forca per spalare il fieno da dare ai cavalli. I cavalli. Serra un momento gli occhi. Guarda Fehrer.] Una pedina. Siete una pedina tanto quanto lo sono stato io. Ognuno con i suoi mezzi. Ognuno con i suoi mezzi. [Già, ognuno con i suoi mezzi. Ed è per quello che indietreggia di un passo. Ferma le labbra tra di loro.] Io sono cresciuto in una terra dove non c'è più luce se non quella fioca di Dio che... [perchè deve dargli spiegazioni. Chi diamine è costui. Cosa vuole. No, rivangare non gioverebbe anzi. Farebbe solo che immensamente male. Alza una mano verso l'alto. La sventola e guarda Aingeal.] Andatevene via. Io ho bisogno di farmi vedere il naso. Voi siete a posto. Ve lo chiedo per cortesia, tornatevene da dove siete venuto. [Le crociate. Suo padre morto per nulla. Il sangue, le guerre, i soprusi alla gente. La sensazione del potere. L'assillo del peccato insito in ogni cristiano del medioevo. L'assillo del vivere. L'assillo della verità. Malato? Sì, Goffredo è malato. E' malato davvero.]

AINGEAL { sala degenze } ° { Cosa è successo a questi due uomini? Troppo pregni di una sofferenza passata che è solamente sopita in fondo ai loro cuori e non pienamente debellata. Ricambia lo sguardo del confratello. Non potrebbe non amarlo. E’ quanto di più si avvicina ad un vero fratello, è lui a prendere nolente, il posto di Azhael, in cuor loro sanno che quella ricerca ormai senza fine, non porterà mai a nulla. Rifiutano di esprimerlo a voce alta solamente per preservare la loro anima da una sofferenza grande. Per risparmiare, impedire che soffrano più del dovuto. Lo supplica con lo sguardo quel ragazzo che riesce a far cadere la sua maschera di impassibilità davanti al cigno dal cuore d’oro. Fa appena un cenno di diniego capo a tentare di mettere un freno a quella che è ancora una lotta verbale. Lo mormora sulle labbra quel “per favore”, una supplica a finirla lì, a non continuare. Sene le reazioni differenti su quei petti. Uno si gonfia, accresce il battito del cuore, l’altra mano invece è imprigionata in quella del cristiano che gliela stringe con forza incassando quell’attacco verbale. Si volta verso di lui ad osservare quella mano chiusa nella sua. Scivola fino ad incontrare il suo sguardo. Si appartengono, non cambierà idea. Nessun racconto o storia potrebbe portarla a volergli meno bene. Lei la guerra non l’ha conosciuta, se non quella che è arrivata fino alle coste dell’isola. Nulla in confronto a quanto hanno patito quei due uomini nelle loro terre. C’è qualcosa che li accomuna dopotutto. E’ Gheof a cedere. Ma in quel passo indietro non c’è disonore, c’è invece una consapevolezza che gli orrori della guerra non hanno risparmiato nessuno se non quella giovane donna che li divide. Vorrebbe tenere la mano nella sua, lì proprio sul suo petto, all’altezza del cuore. Perché è quello il suo posto adesso. E’ lì ch lei vuole stare e glielo dice con lo sguardo che si posa propria su quella mano e poi nuovamente in quegli occhi di alabastro. }

FEHRER [Sanitarium | Stanza Cure] [Un fischio acuto. L'Abietto è stufo. Agita mollemente la coda e deturpa lo scenario fino ad ora idilliaco nelle cervella maschili: «Vuoi sapere come ne esci, Skethn're?»] L'intervento di Fáfnir è quantomeno inatteso, ché aveva finora seguito la questione pigramente, e spezza così in due il cranio del mortale, che perde per alcuni attimi il senso delle cose. Gli Dei solo sanno se il Nero Demonio era l'ultimo guaio di cui avesse necessità il Draconico, già sfibrato dalla vicenda. [«C'è un'uscita temporanea. Se hai fretta. Là in fondo. Va' indietro, riprendi l'acciaio dalle mani di quel rimbambito e allontanati a grandi passi... ma prima o poi tornerai qui. E c'è l'uscita permanente. Se hai desiderio. Un piccolo gioco di mani e ti liberi per sempre di costui. Fallo, mortale... FALLO!!!»] C'è un cedimento. Un piccolo cedimento. La barriera perde qualche pezzo e la lunga fitta che attraversa la testa sarà un lampo visibile dietro gli occhi limpidi, eppure slavati di tenebra. Selve oscure flagellate dalla tempesta. Porta una mano alle tempie e, impreparato com'era, soffoca a fatica un conato, per un istante o due apparendo come il più vulnerabile degli indifesi. Se non avesse il sostegno del braccio di Aingeal - ed ella lo avvertirà, ciondolante pericolosamente in avanti -, probabilmente cadrebbe, prima di riaversi, ritrovando equilibrio e ragione. Respira lentamente e stringe con una mano il bordo del banco poco distante. Le nocche sbiancano, eppure non molla la presa, preferendo ripercussioni future a scatti incontrollati di cieco furore di cui potrebbe pentirsi. A malapena ode le parole di Gheof, del quale dire, tuttavia, non gli sfugge il termine 'pedina'. "Io sono un Alfiere..." mormora a viso basso, i lunghi capelli a celare uno sguardo inumidito dal dolore. Dal passato. Dal rimorso. Questo è l'essere Cromatico. Il Drago beve la debolezza del suo Prescelto e la utilizza per plasmarlo nuovamente, in modo che il male accusato non possa mai tornare a nuocere. S'è insinuato nelle difese calate dello Scandinavo immettendo discordia e rabbia. E l'ha fatto nel comunissimo - ad oggi presente - utilizzo di un effetto placebo. Una cura che su nessuno funzionerebbe, ma che vede invece il fu bianco del tutto assoggettato ad essa. ["Niente porterà mai a nulla, qui..."] Volente o nolente, il Principe degli Inferi è il suo compagno. L'artefice della sua rinascita come Drago. E, come tale, ad egli confida i suoi pensieri, senza che tocchino la mera situazione del Sanitarium, ma facendo in modo che si estendano alle ricerche, alla missione, a tutto. Aingeal capirà se il fu bianco, stancamente poggiandosi alle pareti, si dirigerà prima fuori dalla stanza e infine all'esterno dell'edificio salutifero. Non una parola, non un'occhiata.
}{ Aingeal }{
00martedì 5 novembre 2013 18:08

Belli... bellissimi.

Non potrei fare a meno dei miei due ometti preferiti!!! [SM=g27836]
Per non poso fare sempre da pacere.
Vedete di appianare le vostre divergenze altrimenti ve prendo io a botte. Promesso!!!! [SM=g27826]
Gheof
00martedì 5 novembre 2013 19:59
Stra tesa, no, davvero. Adoro. Grazie grazie e grazie ancora.
--CELTICO--
00martedì 5 novembre 2013 22:52

...come incipit per proseguire. La giocata di riposo c'è per entrambi, e mentre credo che il Cristiano debba ora affrontare quella di cure per sistemare il naso, questa dovrebbe bastare per riportare al top i punteggi del biondo.
Grazie mille in anticipo.



In parte ...

Fehrer ok ripristino i punteggi.

Gheof , mi spiace ma la Role di cure era meglio farla prima, che questa sia una giocata bellissima e ricca di spunti, non lo metto in dubbio, ma 30 punti salute vuol dire che l'ematoma sulla mascella, e soprattutto come detto sul naso ( parte delicata ) ti fanno perdere altri 10 P.ti Salute, immagina sanguinamento, gonfiore, dolore nelle espressioni, mi spiace essere duro , ma sono imparziale come Master, e di pugni ne ho presi nella vita.
[SM=g27813]

aspetto la tua role di cure, chi ti curerà deciderà se darti o meno una role di riposo.

Gheof
00mercoledì 6 novembre 2013 09:41

Questo era il proseguo della role precedente.

In questa role ci siamo giocati l'arrivo al sanitarium, mi sono giocata un Gheof dolorante e, visto l'orario non era presente nessun ospitaliere in off; durante l'attesa è accaduto quel che è accaduto.

Insomma, il gioco doveva andare avanti.


Se io per esempio mi prendo due pugnazzi in faccia e sono straincarognita cosa succede? In ospedale, visto che non sto morendo mi mettono in attesa facendomi aspettare anche un'ora. E se in quell'ora è presente colui che mi ha preso a pugni che cosa faccio? Mi congelo e divento di pietra fino a che non viene in mio soccorso un dottore? No, con la faccia che brucia dal dolore e dalla rabbia mi innervosisco ancora di più!

La situazione potrebbe aggravarsi? Sì, il dolore potrebbe anche farsi più insistente! Comunque accetto la detrazione di 10 punti e mi faccio curare Gheof adesso!

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