Sonnambuli verso l'estinzione
Riporto un'articolo che ho trovato su x-cosmos.it
Sonnambuli verso l'estinzione di George Monbiot
Qualcosa nella mente umana sembra impedirci di cogliere la realtà dei cambiamenti climatici.
Vivamo nel mondo dei sogni. Con una piccola parte razionale del cervello riconosciamo che la nostra esistenza è governata dalla realtà materiale e che, col cambiare di quella realtà, cambiano anche le nostre vite. Ma sotto questa consapevolezza giace la profonda semi-coscienza che assorbe il momento nel quale viviamo per generalizzarlo, immaginando le nostre vite future come un continuo ripetersi del presente. Questa, non il mondo superficiale della nostra ragione, è per noi la concreta realtà. Tutto ciò che ci separa dagli aborigeni australiani è che essi sono consapevoli di questo fatto e noi no.
I nostri sogni, come hanno già cominciato a fare, distruggono le condizioni per la vita umana sulla terra. Se fossimo governati dalla ragione, saremmo sulle barricate oggi stesso, trascinando i guidatori di Range Rover e Nissan Patrol giù dal proprio sedile, occupando e chiudendo le centrali elettriche a carbone, facendo irruzione nel ritiro dalla realtà di Blair nelle Barbados e chiedendo una inversione nella vita economica drammatica quanto quella che sopportammo quando andammo alla guerra contro Hitler. Invece, piagnucoliamo per il caldo e sfogliamo i depliant delle vacanze in Islanda. Il futuro è stato steso davanti a noi, ma l’occhio lungo col quale ci poniamo di fronte al mondo non lo vedrà.
Ovviamente, non possiamo dire che le rimarchevoli temperature di questa settimana in Europa sono il risultato del riscaldamento globale. Ciò che possiamo dire è che esse corrispondono alle previsioni fatte dai climatologi. Come ha riportato il Met Office domenica, “tutti i nostri modelli hanno suggerito che questo tipo di eventi si verificherà più frequentemente”.1 In dicembre predisse che, come effetto del cambiamento del clima, il 2003 sarebbe stato l’anno più caldo mai registrato.2 Due settimane fa il suo centro di ricerche riportò che gli aumenti di temperatura in ogni continente combaciavano con gli effetti del cambiamento climatico provocato dalle attività umane, e mostrò che gli impatti naturali, quali le macchie solari o l’attività vulcanica, non potevano esserne ritenuti responsabili.3 Il mese scorso l’Associazione Meteorologica Mondiale annunciò che “l’aumento della temperatura nel XX secolo sembra essere stato il maggiore tra quelli di ogni altro secolo negli ultimi 1000 anni”, mentre “l’andamento nel periodo dal 1976 a oggi è approssimativamente tre volte quello degli ultimi 100 anni nel complesso”.4 Il cambiamento del clima, suggerisce il WMO, fornisce una spiegazione non solo per le temperature da primato in Europa e in India, ma anche per la frequenza dei tornado negli Stati Uniti e per la gravità delle recenti alluvioni nello Sri Lanka.5
C’è ancora, ovviamente, chi nega che sia in atto alcun riscaldamento, o chi sostiene che esso possa essere spiegato da fenomeni naturali. Ma pochi di loro sono climatologi, e ancor meno sono climatologi che non ricevono fondi dall’industria dei combustibili fossili. La loro credibilità tra i professionisti è ora appena superiore a quella della gente che sostiene che non ci sia un legame trail fumo e il cancro. Eppure il rilievo che i mezzi di informazione danno loro non riflette solo le richieste di chi pubblicizza auto. Vogliamo credere loro, poiché desideriamo riconciliare la nostra ragione con i nostri sogni.
Gli eventi estremi ai quali il cambiamento del clima sembra avere contribuito riflettono un innalzamento medio nelle temperature globali di 0,6°.6 L’idea comune tra i climatologi è che le temperature nel XXI secolo si innalzeranno tra gli 1,4° e i 5,8°: in altre parole, fino a dieci volte l’incremento del quale abbiamo sofferto fino ad ora.7 Alcuni climatologi, nel riconoscere che il riscaldamento globale è stato ritardato dalle ceneri industriali, i livelli delle quali sono ora in calo, suggeriscono che il massimo dovrebbe essere invece compreso tra i 7° e i 10°.8 Non stiamo osservando la fine delle vacanze in Siviglia. Stiamo osservando la fine delle circostanze che permettono alla maggior parte degli esseri umani di rimanere sulla Terra.
Cambiamenti climatici di questa portata devasteranno la produttività della Terra. Nuove ricerche in Australia suggeriscono che la quantità d’acqua che raggiunge i fiumi si ridurrà fino a quattro volte più rapidamente della riduzione delle piogge nelle zone aride.9 Ciò, insieme con la scomparsa dei ghiacciai, segna la fine dell’agricoltura basata sull’irrigazione. Le alluvioni invernali e l’evaporazione estiva dell’umidità del suolo eserciteranno un effetto simile anche sull’agricoltura basata sulle precipitazioni. Come le colture, gli esseri umani semplicemente avvizziranno in alcune parti più calde del mondo: le 1500 morti dovute quest’estate a colpi di calore potrebbero prefigurare in India, con l’innalzarsi delle temperature, la necessità di evacuare molti dei luoghi attualmente considerati abitabili. Non c’è possibilità di continuità qui; in qualche modo dobbiamo convincere la parte sognatrice di noi a confrontarsi con la fine della vita così come la conosciamo.
Paradossalmente, l’avvicinamento di questa crisi corrisponde all’avvicinamento di un’altra. È probabile che la richiesta globale di petrolio superi le disponibilità entro i prossimi 10 o 20 anni. Alcuni geologi credono che ciò sia già cominciato.10 Tenta l’idea di poter sbattere una contro l’altra le due crisi pendenti e concludere che la seconda risolverà la prima. Ma questo è un modo di pensare che dà troppo spazio ai desideri. C’è abbastanza petrolio sotto la superficie della Terra da cuocere il pianeta e, con il crescere dei prezzi, l’incentivo a estrarlo aumenterà. Gli affari si rivolgeranno an mezzi ancor più inquinanti di ottenere l’energia, quali l’uso delle sabbie catramose e degli scisti petroliferi, o “la gassificazione sotterranea del petrolio” (incendiare i giacimenti carboniferi). Ma poiché il petrolio nei suoi primi stadi di estrazione è il combustibile più economico ed efficiente, i costi dell’energia si inaspriranno, assicurando che non potremo più acquistare la soluzione ai nostri problemi per mezzo dell’aria condizionata, del pompaggio dell’acqua e dell’agricoltura intensiva basata sull’uso dei combustibili.
Così, invece, riponiamo la nostra fede nella tecnologia. In un’epoca nella quale la scienza è altrettanto autorevole di quanto fosse un tempo Dio, guardiamo ai suoi prodotti allo stesso modo in cui la gente del Medio Evo guardava alla divina provvidenza. In qualche modo “essi” produrranno e installeranno le apparecchiature - le turbine eoliche o i pannelli solari o le dighe pelagiche - che risolveranno entrambi i problemi assicurando allo stesso tempo che non divenga necessario modificare il modo in cui viviamo.
Ma il diffuso sviluppo di queste tecnologie non avverrà fino a quando l’innalzamento dei prezzi non assicurerà che divenga un imperativo commerciale, e allora sarà troppo tardi. Anche così, non potremmo pareggiare i nostri attuali livelli di consumo senza coprire quasi ogni ettaro di terreno e acque costiere con apparecchiature per la generazione di energia. In altre parole, se lasciamo che il mercato governi le nostre politiche, siamo finiti. Solo se prendendo il controllo delle nostre vite economiche, e richiedendo e creando i mezzi coi quali potremmo tagliare il nostro uso di energia fino al 10% o 20 % dei livelli attuali, preverremo la catastrofe che la parte razionale del nostro essere è in grado di comprendere. Ciò richiede una regolazione, un razionamento e dei divieti draconiani: tutte misure che le nostre attuali politiche, orientate dai nostri sogni, proibiscono.
Così affrontiamo nel dormiveglia la crisi. Il risveglio richiede che sovvertiamo la sede della nostra coscienza, che detronizziamo la nostra profonda mancanza di ragione e la usurpiamo con menti razionali e in grado di prevedere. Ne siamo capaci o siamo destinati a marciare come sonnambuli verso l’estinzione?