Ci vorrebbe una Ue più decisa

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vanni-merlin
00domenica 14 ottobre 2007 19:32
Ci vorrebbe una Ue più decisa


Matteo Manzonetto

Quando dialoga con le grandi potenze, l’Unione Europea si dimostra debole anche su un terreno che dovrebbe vederla leader mondiale indiscusso, candido e lucente come i cavalieri delle fiabe: la difesa dei diritti umani.
Questo è il caso delle relazioni che l’Ue ha con la Russia sull’argomento: le diverse e contrastanti posizioni espresse nei confronti del Cremlino dai leader continentali, soprattutto quando si trovano alla presidenza semestrale dell’Unione, non fanno altro che indebolire e screditare l’azione europea in difesa dei diritti umani.

Nell’ultimo anno si è infatti passati dalla mano ferma del cancelliere tedesco Angela Merkel (alla presidenza dell’Ue fino a giugno) all’approccio decisamente più morbido di José Socrates, premier portoghese che siede ora e fino alla fine di dicembre al vertice dell’Unione.

Se la Merkel, contrariamente al suo predecessore Gerard Schroeder, grande amico di Vladimir Putin, ha fatto sentire chiaramente la propria disapprovazione nei confronti delle documentate violazioni dei diritti umani in Cina o in Russia (e in particolar modo nel Caucaso del Nord, Inguscezia e in Cecenia), il portoghese ha invece chinato la testa di fronte a Mosca, affermando in sostanza che né l’Europa né il suo vicino orientale possono permettersi di giudicare in materia di reciproco rispetto dei diritti umani. Un atteggiamento a dir poco remissivo, dettato principalmente dalla difesa degli interessi energetici e industriali di Lisbona più che dal mandato di guardiano globale dei diritti dell’uomo che l’UE dovrebbe avere.

Un mandato che però gli stessi governi europei minano alla base, come spiega Dick Oosting, capo dell’ufficio europeo di Amnesty International: “Il Consiglio Europeo continua a tacere sulle provate responsabilità dei governi nei rapimenti illegali operati dalla Cia sul loro territorio, e così danneggiano la credibilità europea di fronte alla Russia”, in quanto sia i voli Cia che le violazioni dei diritti umani perpetrate da Mosca rispondono alla stessa logica di lotta al terrorismo.

“L’Ue non può permettersi di usare due pesi e due misure, altrimenti Mosca continuerà ad affermare con ragione che l’Europa non ha nulla da insegnare sui diritti umani”, spiega Oosting. Un altro punto debole della credibilità dell’UE nei confronti della Russia è la situazione difficile della minoranza russa nei paesi baltici, aggiunge il dirigente di Amnesty.
“Dobbiamo fare riferimento a questo quadro più ampio se vogliamo che l’Ue abbia un’azione più efficace nella difesa universale dei diritti umani”, chiosa Oosting.

L’occasione di trattare delle relazioni tra UE e Russia in materia di diritti umani è stata una conferenza stampa tenuta mercoledì 3 ottobre a Bruxelles presso l’Ong Human Rights Watch per commemorare il primo anniversario dell’omicidio delle giornalista Anna Politkovskaya. L’incontro con la stampa è avvenuto in concomitanza anche con la riunione che periodicamente le Ong russe ed europee hanno con i negoziatori Ue che partecipano alle ‘Consultazioni Ue-Russia sui diritti umani’. Si tratta di un tavolo di discussione inserito nel più ampio quadro del dialogo tra Bruxelles e Mosca. Un tavolo che però vede formalmente escluse le Ong e la società civile proveniente da entrambi i versanti degli Urali, e che – a sentire i vari testimoni presenti alla conferenza stampa – sono condotti in modo assolutamente non trasparente e i cui contenuti e risultati non vengono resi pubblici.

Come racconta Sacha Koulaeva, capo del desk Est Europa e Asia Centrale della Fidh (Federazione internazionale diritti dell’uomo), che ha partecipato sia al pre-meeting tra Ong ed Ue, sia alla conferenza stampa, “la società civile viene ascoltata dall’Europa soltanto prima dei meeting con la Russia, che si tengono sempre a un livello inferiore a quello ministeriale, e due settimane dopo l’incontro. Ci viene riferito solo qual è stata l’agenda dell’incontro, ma non i contenuti specifici o le critiche fatte da una o dall’altra parte. Gli europei ci dicono: abbiamo parlato di libertà di espressione, senza aggiungere altri dettagli”. La cosa ancora più indicativa della poca trasparenza e chiarezza dei contenuti e della direzione di questo tavolo è il fatto che UE e Russia pubblicano due comunicati stampa finali molto diversi, e spesso contradditori. L’Europa si dice soddisfatta per aver avanzato le proprie preoccupazioni sulle violazioni dei diritti umani e la limitazione della libertà di espressione in corso in Russia, Mosca afferma di aver difeso i diritti delle minoranze russe in Europa e la propria azione di contrasto al terrorismo in Cecenia e nel Caucaso.

Ne emerge quindi un dialogo che sembra condotto per il solo fatto che è necessario o politicamente conveniente condurlo, ma che – come sostiene Lotte Leicht di Human Rights Watch – se non verrà portato ai più alti livelli della diplomazia e della politica non porterà a un miglioramento della situazione, fallendo nella missione di rendere tangibile il ruolo europeo nella difesa dei diritti dell’uomo, come i leader del Vecchio Continente tendono a far credere.

“L’assassinio della Politkovskaya – dice Leicht – non ci deve far dimenticare che gli abusi da lei documentati in Cecenia e nel Caucaso continuano”. Si tratta di crimini che sono stati riportati a centinaia alla Corte europea dei diritti dell’uomo, racconta Leicht, “e in otto casi la Corte ha emesso sentenze di condanna contro la Russia. Tra le persone che almeno sulla carta hanno avuto giustizia, una è scomparsa, e l’altra è stata uccisa. Il minimo che deve fare l’Europa è dare seguito alle sentenze, e chiedere a voce alta, con fermezza e costanza che Mosca indaghi con trasparenza e punisca i responsabili di queste violazioni”.

E’ innegabile che la supposta azione europea per la difesa dei diritti dell’uomo viene inficiata in modo sostanziale dagli altri ‘tavoli’ di negoziati aperti tra Ue e Russia, in particolar modo per l’energia. La Russia con il suo gas permette che le turbine elettriche funzionino e che le case vengano riscaldate, e la paura che vengano unilateralmente chiusi i rubinetti di approvvigionamento in vista dell’inverno, o che le compagnie europee di idrocarburi si vedano chiudere le porte ai giacimenti russi limita fortemente il potere contrattuale europeo nei confronti di Mosca.
“La questione energetica domina l’agenda politica delle relazioni Ue-Russia, e i delicati interessi nazionali in materia rendono difficile avere una linea di consenso all’interno del Consiglio Ue – dice ancora Oosting di Amnesty International – ma l’Europa dovrebbe avere più coraggio e fiducia in sé stessa, e tirare di più la corda. Se da un lato noi abbiamo bisogno del gas russo, loro hanno senz’altro il bisogno che noi lo compriamo. Però ancora una volta l’interesse degli Stati non fa parlare l’Europa con un’unica voce”.

Definendo “disastroso” l’atteggiamento descritto più sopra dal premier portoghese, Oosting confida che la prossima presidenza, in mano alla Slovenia, possa modificare un po’ l’atteggiamento dell’Ue. “Essendo un piccolo paese e facendo parte dell’ex blocco socialista, anche se parte della Iugoslavia non allineata, la Slovenia può parlare con voce forte e avere, come gli altri paesi dell’Est, un’attitudine diversa nei confronti del gigante russo”.

Il prossimo 26 ottobre, Ue e Russia terranno il secondo summit annuale, a Lisbona. Sarà una nuova occasione per verificare se i massimi livelli politici europei sapranno opporsi a una Russia sempre più preda del neozarismo putiniano, dove la libertà di espressione e il rispetto dei diritti dell’uomo sembrano non essersi liberate dello spettro del regime sovietico che il mondo pensava di aver relegato alla storia.




da: www.caffeeuropa.it/unione/329dirittiumani.html

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