Intervista a Pius Augustus

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DarkWalker
00domenica 16 marzo 2008 12:42
Intervistatore: DarkWalker



Si ricomincia!


1)Un pensatore inglese, fondatore dell’utilitarismo, Bentham, scriveva che “la misura del diritto e del torto è [cioè, deve essere] la felicità massima per il massimo numero di persone”. Sempre l’Inghilterra, Paese per il quale attesti più volte stima, si è contraddistinta negli ultimi secoli per un sano pragmatismo che l’ha portata ad un elevato livello di benessere e massa al riparo da drammatiche lacerazioni in seno alla società o esperienze dittatoriali. Tuttavia,reputi disgustoso il forzista “classico” che vota per interesse. Come mai?

Bene:in primo luogo ribadisco che la motivazione principale della mia ammirazione per l'inghilterra è il suo ruolo di patria del liberalesimo (fondamentalmente diverso dalla "democrazia" francese,più propensa al collettivismo) e per il suo essere il bastione storico dell'equilibrio e della razionalità contro tentativi egemonici vari e contro le storture ideologiche del secolo scorso.Il motivo della mia ammirazione quindi non è la sua realpolitik ma il fine di questa,una sorta di "egoismo etico" che pur essendo indubbiamente votato all'interesse nazionale non era privo di effetti benefici per il mondo.Detto questo,trasferendo il discorso sul piano personale ed attuale,io non posso dire di essere una persona insensibile all'interesse.Sono sostanzialmente egoista e non considero la collettività superiore a me.Il pragmatismo è e rimane il miglior stile di vita,scevro da ideologie ipocrite e da false proclamazioni di fede.Ma,un conto è curare i propri interessi,un altro è appoggiare attivamente un movimento che è profondamente nocivo per il paese,che annulla consecutivamente ogni forma di decenza e che tenta di abbattere quel poco che manca di civismo e di lealtà istituzionale degli italiani.Io sono un individualista,si.Magari anarchico.Ma il "berluscones" non è questo,l'individualismo è nobile,l'anarchia anche.Il berluscones è un anarcoide piccoloborghese tutto teso al piccolo rendiconto,senza consapevolezza ne apertura mentale.è questo,penso,che me li fa disprezzare,non l'essere esageratamente privi di interesse per il bene comune.Sono acritici e plagiati.

2)Come spieghi la tua giustificazione per la grave lesione di diritti umani perpetrata in risposta ad analoghe violazioni rispetto alla prescrizione che questo diritto al “taglione” subisce col passare del tempo e alla tua filosofia liberale(sempre che tu sia liberale, mi sembra di ricordare di sì)?

Il mio è un punto di vista che si sforza di mantenere dei punti saldi.Sopratutto cerco di evitare quella che credo sia la grande minaccia della storiografia dei nostri tempi:il far sprofondare ogni giudizio morale in un indistinta nebbia di relativismo storico.Quello che una volta mancava alla storiografia,la considerazione delle zone d'ombra e delle sfumature,oggi,sotto l'onda montante del revisionismo,si tramuta nel peggiore dei travisamenti:trasformare tutto in grigio.Sulla seconda guerra mondiale (che è sempre il più scottante campo di discussione) dico questo:l'enfasi che viene messa sui crimini di guerra alleati contro i cittadini tedeschi e giapponesi (o italiani) è sempre (e dico sempre) un mezzo per arrivare alla delegittimazione della lotta alleata ed è tesa alla parificazione fra tripartito e alleati,sul piano morale,per di più praticando un continuo lavoro di decontestualizzazione,di sofismi e di omissioni per confondere le carte in tavola (i libri di pansa sono esempi semplicemente perfetti).Sulla legge del taglione in se la questione è complessa:non ho mai sostenuto che i crimini di guerra alleati (bombardamenti,fucilazioni,violenze sui civili) fossero giusti o legittimati da ciò che l'asse ha fatto.E tuttavia credo che il tutto vada contestualizzato.In primo luogo bisogna considerare che il diritto internazionale,il rispetto delle norme civili,era stato spazzato via dall'asse.Non si può combattere un nemico che usa ogni arma tenendo una mano dietro la schiena per fair play (bombardamenti).Poi io considero molto importante la questione della responsabilità.Un russo che vede il proprio paese invaso senza previa provocazione,che si vede massacrata la famiglia,sterminati i suoi compatrioti,rischia la vita e soffre e quando entra in germania strupra una tedesca per me non merita la stessa condanna morale (che pure ci deve essere) di un tedesco che convinto della propria superiorità invade un paese straniero che nulla gli aveva fatto e fa a pezzi gli abitanti.Sul mio essere liberale,è domanda difficile.Lo sono in parte e per alcune questioni,per altre no.Diciamo che è il modo di pensare (non mi piace parlare di ideologia) che più si avvicina al mio.

3)il consumismo come lavaggio del cervello:possibile essere in una dittatura (anche se “involontaria”) e non saperlo?

è possibile,anzi certo,che ci sia un tentativo del genere (non del tutto consapevole,appunto,direi una tendenza comune,intesa come meccanismo ovvio e non delittuoso) da parte delle autorità economiche,politiche.Ma in primo luogo trovo ridicolo il confrontare questa tendenza al controllo tramite l'omologazione con le vere dittature del passato,sopratutto perchè il mio pensiero liberale tende a considerare come fondamentali cose che in questa situazione ci sono garantite (vita,proprietà).In secondo luogo credo che questa "dittatura" sia tale solo per chi accetta di sottomercisi.L'uomo libero rimane tale per il suo interesse,sopratutto per la sua comprensione,per il suo sforzo a comprendere diciamo.In una società che non ha lacci materiali (kolkhotz,lager,gulag,laogai o confini) la battaglia è nella mente.Una persona intelligente li può trovare e disfarsene,per quanto magari con difficoltà.O magari anche accettarli,se li considera giusti.

Ma è possibile affermare che qualcuno decida di “sottomettersi” al consumismo? Se infatti il consumismo impedisce anche solo il porsi del problema, c’è una vera e propria libertà di scelta?

io penso che ci siano molte persone che si riconoscono in uno stile di vita edonistico e disimpegnato,che in effetti è quello che porta il consumismo.Naturalmente nessuno di noi è slegato dal mondo che lo circonda,dunque affermare che si tratti di scelte prese senza condizionamenti è assurdo...eppure credo che come qualunque altra scelta penso che sia possibile accettarla come dignitosa.Di certo una persona vissuta sempre in un mondo che la bersaglia con i miti e i modi del consumismo avrà difficoltà a disfarsi di quella mentalità,ma non credo che sia impossibile.Questa è la differenza fra i nostri modi di vedere la cosa: per me è sempre possibile acquisire la consapevolezza della prova situazione e quindi darsi possibilità di scelta,accettare o rifiutare il sistema.Certo,è ben difficile poi applicare ai fatti un rifiuto,ma non impossibile.

4)In un mondo globalizzato,in cui si spostano masse di uomini da un capo all’altro del mondo e in cui le diverse culture sono in stretto contatto, ha ancora senso parlare di nazione,o di stato nazione, oppure sono diventate-o diventeranno- parole vuote?
O al contrario è possibile incanalare questo “nuovo” mondo nelle forme e organizzazioni degli ultimi secoli?


senza dubbio esiste una crisi degli stati-nazione tradizionali,ma credo che la causa di questo mutamento sia più che altro l'emergere di grandi mercati e grandi entità politiche nazionali in grado di surclassare le piccole nazioni europee.In confronto alla cina e l'india è difficile vedere come persino la germania potrà porsi in una condizione di parità nei prossimi decenni.Dunque emerge la necessità di superare lo stato nazione creando sistemi federali.Questo vale sia per l'europa sia per altre zone come il sudamerica o in parte in nordamerica (credo che quando gli usa saranno decaduti ancora un po' il nafta diverrà una specie di UE).La globalizzazione senza dubbio da una spinta importante,come internet rende assai difficile istituire blocchi chiusi o autarchici (anche se la cina ci si avvicina).Però credo che più che una nuova concezione dello stato o del mondo il cambiamento sia frutto di una evoluzione geopolitica (come sempre) alla quale farà seguito una elaborazione intellettuale


5)Istruzione:va bene così com’è, si potrebbe fare meglio, andava meglio prima?Effettivo mezzo di ascesa sociale o un passaggio che pur essendo obbligato è una perdita di tempo?
In più, in un mondo del lavoro flessibile,per coerenza lo stato dovrebbe permettere al lavoratore di riqualificarsi e “aggiornarsi” in modo da rimanere competitivo sul mercato. Secondo te la scuola italiana (in particolare scuole superiori euniversità) è in grado di soddisfare questa esigenza?


Per me l'istruzione dovrebbe cambiare direzione.Il sistema scolatisco dovrebbe essere reso più specializzato sin dalle scuole medie,più capace di indirizzare ad una professione,su stampo anglosassone (senza per questo copiare la superficialità delle scuole americane).Lo studio in italia può servire come non servire.L'italiano trova lavoro più per conoscenze e contatti che per capacità,ma di certo le capacità aiutano,quindi meglio studiare che non farlo,se si aspira a certi posti della società.Lo stato dovrebbe si permettere il riaggiornarsi del lavoratore ma le strutture non sono adeguate,per rispondere icasticamente ^^
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