LUCIANO DI SAMOSATA

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vanni-merlin
00venerdì 18 gennaio 2008 22:13
LUCIANO DI SAMOSATA -
(120-190 ca.)




Vita

Le notizie sulla vita di Luciano vanno desunte dalle sue stesse opere, data la scarsa considerazione che godette dopo la morte, considerato traditore dagli stessi neosofisti che aveva criticato.

Nato intorno al 120 a Samosata sull’Eufrate, da famiglia modesta, Luciano imparò il greco a scuola, perché la sua prima lingua fu il siro. Da ragazzo fu apprendista presso uno zio scultore, ma un incidente sul lavoro pose fine all’esperimento, come egli racconta nella declamazione autobiografica Sogno. Quindi Luciano compì gli studi retorici e iniziò la sua attività di sofista, viaggiando in tutte le regioni dell’Impero fino alla Gallia. Verso i quarant’anni, giunto a Roma (159 ca.), incontrò il filosofo Nigrino ed abbandonò la retorica per dedicarsi al dialogo e alla satira, perfezionando gli studi filosofici ad Atene (160 ca.). Questo improvviso cambiamento e alcuni brani del Nigrino (un dialogo con il filosofo) hanno fatto nascere in alcuni critici l’idea di una conversione di Luciano alla filosofia:



il discorso condusse Nigrino a lodare la filosofia, e la libertà che da essa deriva, ed a spregiare quei che il volgo crede beni, la ricchezza, la gloria, la potenza, gli onori, l’oro, la porpora, ed altre cose tanto ammirate da molti, ed una volta anche da me; … in breve acquistai acutissima la vista dell’anima, che fino ad allora era stata cieca, ed io non me n’ero accorto.



In realtà il Nigrino è sì un’opera che denota un serio atteggiamento di Luciano, ma si trattò di una disposizione momentanea, non di una vera conversione alla filosofia. Negli ultimi anni della sua vita, tra il 171 e il 175, Luciano fu funzionario imperiale in Egitto, e morì probabilmente verso il 190.



Opera

Sotto il nome di Luciano ci è giunta una raccolta di 82 scritti, chiamati comunemente Dialoghi. In realtà solo alcuni hanno forma dialogica, altri solo semplici esercitazioni retoriche. Per comodità si dividono secondo l’argomento:



1. Esercitazioni retoriche:

In queste declamazioni, Luciano mostra uno stile brillante e capace di convincere anche delle verità più assurde, secondo la moda della seconda Sofistica; spesso le sue declamazioni erano concepite come orazioni giudiziarie fittizie o come descrizioni di opere d’arte (es. Tirannicida; Elogio della mosca, Sogno, Immagini, ecc.).



2. Satira retorica:

Luciano rivela le sue capacità di oratore e avvocato in scritti che mettono in ridicolo l’eccesso di studio stilistico tipico dell’epoca: Giudizio delle Vocali, con il processo del Sigma contro il Tau, accusato di “appropriazione indebita” di parole nel dialetto attico; Precettore dei retori, un’ironica esortazione pseudo-filosofica alla retorica; Due volte accusato, in cui Siro-Luciano deve difendersi dalle accuse di Dialogo, che lo accusa di averlo reso comico da serio che era con Platone, e da Retorica, che si ritiene da lui tradita per Filosofia; ecc.



3. Satira filosofica:

Tra queste opere, quasi tutte dialogiche, spiccano il Nigrino e Demonatte, due elogi “seri” di filosofi contrapposti alla corruzione della società romana; le Apologie, con cui si difende dall’accusa di essersi venduto all’amministrazione romana, dopo averla criticata nei Prezzolati.

Nelle Vite all’asta Zeus, con l’aiuto di Ermes, vende all’asta le vite dei principali filosofi (Socrate, Pitagora, Empedocle, lo scettico Pirrone, lo stoico Crisippo, il cinico Diogene), e i compratori li prendono a pochissimo, dopo averne ascoltato le strambe dottrine.

Nel Pescatore si immagina che i filosofi che erano stati offesi nelle Vite all’asta risuscitino dall’Ade per vendicarsi del loro nemico; Luciano si difende sostenendo che egli ha inteso attaccare i filosofi contemporanei, che hanno tanto degenerato da quelli antichi. Per smascherali getta dall’Acropoli di Atene l’amo innescato con qualche fico e qualche moneta d’oro: subito molti abboccano.



4. Satira religiosa:

I 26 Dialoghi degli dei e i 15 Dialoghi marini (cioè di divinità marine) sono dei mimi in cui gli dei vengono presentati nei loro difetti e nelle loro debolezze. Non è ancora un attacco aperto contro la religione tradizionale, ma un’ironia leggera e velata, spesso ispirata all’umanizzazione del mito tipica di Teocrito.

La satira diventa audace e aggressiva nello Zeus confutato, dove il padre degli dei non riesce a conciliare destino e provvidenza, e nello Zeus tragedo, dove il padre degli dei è costretto ad appoggiare un filosofo stoico perché vinca una disputa contro un epicureo, evitando così l’oblio dei mortali.

Luciano critica anche le tendenze irrazionalistiche e mistiche della sua epoca in due violenti opuscoli: Alessandro pseudoprofeta, vera e propria “biografia al negativo” del ciarlatano ed indovino Alessandro di Abonutico; Sulla morte di Peregrino, un’aspra satira contro un santone che si era bruciato per protesta durante le Olimpiadi e che Luciano presenta come un imbroglione affiliato alla “setta fondata da quel delinquente che fu crocifisso sotto l’imperatore Tiberio”.



5. Satira morale e sociale:

Nei 30 Dialoghi dei morti Luciano deride apertamente la stoltezza degli uomini ed il loro affannarsi dietro alle grandi passioni; tanto, dopo la morte, tutto si deve abbandonare e tutti nudi e uguali si entra nel regno dei morti: vanità è la ricchezza, vanità è la potenza, vanità è la bellezza. C’è anche un po’ dell’invidia di classe (Luciano, a quanto ne sappiamo, non divenne mai ricco) in questo scherno contro i ricchi e i potenti.

Luciano si ispira alla satira menippea e al serio-comico del cinico Menippo (III a.C.), non a caso inventore della satira prosimetra che da lui prende il nome di menippea. Il protagonista e filo conduttore è proprio Menippo, al quale viene concesso da Mercurio di portare con sé nel regno dei morti la parlantina, la franchezza, il buon umore, il motto e il riso, "cose vuote, leggere, e buone pel navigare", contrapposte alle pesantezze del discorso che i retori devono abbandonare prima di salire sulla barca di Caronte (nel dialogo Naviglio).

Il concetto della morte che è uguale per tutti e del giudizio, severo, che non risparmia niente e nessuno è una costante del pensiero di Luciano; la troviamo, infatti, anche in altri dialoghi, che ribadiscono come siano vane la gloria, la bellezza e la potenza: Caronte (dialogo tra Ermes e Caronte che osservano le debolezze umane e le commentano con versi omerici), Castelli in aria (racconti fantastici e sogni di ricchezza tra tre amici, smontati alla fine dal realismo di Licino, pseudonimo dell’autore).



6. Romanzi e riflessioni storiche:

a) Come si deve scrivere la storia: sotto forma di lettera, Luciano imbastisce un vero trattato di metodologia storica, in cui critica le esagerazioni cortigiane e romanzesche degli storici della sua epoca, che alteravano i fatti per compiacere gli imperatori.

b) Lucio o l’asino: di contestata autenticità, narra la vicenda di Lucio che viene trasformato in un asino e, dopo varie peripezie, alla fine riacquista la forma umana. L’argomento è lo stesso delle Metamorfosi di Apuleio, ma mancano molte novelle, tra cui quella famosissima di Amore e Psiche e la parte finale che descrive le esperienze mistiche del protagonista.

La questione sull’attribuzione del romanzo a Luciano e dei rapporti di Apuleio e Luciano con un’opera omonima di Lucio di Patre, indicata dagli antichi come modello comune, è controversa e ancora aperta.

c) Storia vera: in 2 libri, narrato in primo persona, prende spunto dal tentativo di fare una parodia dei romanzi d’avventura, ma finisce con il diventare il più bizzarro e fantasioso racconto che sia mai stato scritto, precorrendo, per certi versi, la moderna fantascienza.

Luciano e i suoi amici oltrepassano le colonne d’Ercole e incontrano varie e stravaganti avventure. Sollevati da una tempesta sulla Luna, partecipano alla guerra tra Lunari e Solari, di cui l’autore descrive usi e costumi secondo il modulo di Erodoto.

In seguito, visitata la città delle Lampade, vengono inghiottiti da una balena, nel cui immenso ventre trovano terre e case e due greci che li aiutano a fuggire.

Segue un viaggio sul mare ghiacciato del Polo, dopo il quale i nostri eroi soggiornano nell’Isola dei Beati con i grandi del passato, visitano l’Isola dei Sogni e assistono a battaglie marine tra giganti che cavalcano isole. Dopo essere sfuggiti alle insidie dei Testa di Toro e delle donne Gambedasina, i naviganti naufragano sulle coste degli Antipodi.



Considerazioni

Luciano è famoso anche grazie alla brevità e alla vivacità dei suoi scritti: tipicamente sofistico nella precisione e nell’eleganza stilistica, Luciano rinnova il genere del dialogo innestandolo sul troncone satirico della commedia aristofanesca, come nei dialoghi più surreali, o menandrea, come nei Dialoghi delle meretrici, veri e propri ritratti dell’Atene classica e dei suoi piccoli problemi.

La satira di Luciano è brillante e coinvolge, grazie alla canzonatura e all'invenzione fantastica, tutti gli aspetti della cultura e della società. Nell’età degli Antonini e della Seconda Sofistica grande era il vuoto morale e spirituale, ma soprattutto si facevano sentire i disagi e le ingiustizie sociali: i ricchi e potenti signori romani sfruttavano e vessavano le provincie, circondati da un nugolo di adulatori. Luciano dovette trovarsi proprio a fare questa scelta, se essere uno di loro o remare controcorrente, e scelse la seconda:

Io sono un uomo che odia i millantatori, i ciarlatani, i bugiardi, i superbi, tutta la genia dei malvagi... Amo la verità, la bellezza, la semplicità, tutto ciò che è degno di essere amato.



Le invettive di Luciano non sono, però, riflessioni filosofiche, ma sono avvolte dall’ironia, da una critica della tradizione, ma talvolta anche della realtà contemporanea.

In realtà Luciano non crede in un ideale da proporre e da contrapporre alla realtà che critica; il suo scetticismo radicale rivela una grande aridità spirituale. Egli combatte l’ingiustizia sociale, ma non crede che quest’ingiustizia possa in qualche modo venire annullata, e questo atteggiamento lo porta all’incapacità di affrontare i grandi problemi dell’esistenza. Il suo scetticismo è tanto più assoluto in quanto egli non crede neppure nel valore della sua propaganda negativa.

La sua critica non offre spiragli o programmi di ricostruzione, ed è comica solo nel gusto delle trovate ingegnose: Luciano, dunque, testimonia puntigliosamente il declino della cultura antica, ma nel vuoto in cui vive non si trova un serio impegno morale o un ideale.



da: www.biblio-net.com/lett_cla/luciano_samosata.htm



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