"THANK YOU, MRS THATCHER"
"Grazie Signora Thatcher". "Grazie per aver ricordato agli uomini la disuguaglianza di classe nel moderno occidente democratico e sviluppato avendo smantellato pezzo per pezzo, bullone per bullone il quasi secolare welfare state di Sua Maestà, lo stato sociale e del benessere in salsa britannica".
È questo ciò che dicevano gli operai e, soprattutto i minatori, britannici che hanno pagato in prima persona sulla propria pelle i costi del liberismo selvaggio e delle ristrutturazioni del decennio thatcheriano. Operai e minatori che sono stati ben rappresentati dai protagonisti di "Grazie Signora Thatcher", pregevole pellicola di critica al liberismo thatcheriano diretta da Ken Loach datata 1998.
Minatori costretti a difendere (e a perdere) i propri diritti uno dopo l'altro, ma che non perdono la propria dignità. Dignità ribadita a guisa di canto del cigno sulle note dell'Overtoure del Guglielmo Tell nell'ultima uscita pubblica dell'orchestra di una miniera chiusa dalle "ristrutturazioni" del leader conservatore e diretta da un anziano minatore straziato da una malattia professionale, la tisi, che lo costringe ad aiutarsi con l'ossigeno per respirare.
Margaret Thatcher conquista la guida della Gran Bretagna nel 1979 diventando Primo Ministro sconfiggendo i laburisti di John Callaghan nelle elezioni politiche generali di quell'anno che segnano la fine di anni di alternanza tra conservatori e laburisti e l'inizio di una lunga egemonia conservatrice nell'isola.
Non si trattò soltanto di una svolta politica, ma anche sociale ed economica senza precedenti nel secondo dopoguerra europeo.
La Lady di Ferro, questo era infatti il soprannome del nuovo leader tory, fu l'avanguardia di una rivoluzione (o sarebbe meglio dire controrivoluzione) conservatrice e liberista che investì l'occidente democratico ed industrializzato per tutti gli anni '80 e che solo nella seconda metà del decennio successivo segnerà un'inversione di tendenza.
Le basi dell'azione tatcheriana si basarono essenzialmente su un progressivo ed inarrestabile smantellamento dello stato sociale, proprio di quel welfare state che aveva caratterizzato lo sviluppo sociale ed economico dell'occidente a partire dai primi decenni del XX secolo.
Le ragioni delle imprese e delle dinamiche produttive presero il sopravvento rispetto ai diritti sociali: in nome dell'autodeterminazione dei singoli e della propria autorealizzazione si diede il via ad una spirale di provvedimenti liberisti che portarono alla diminuzione delle soglie di sicurezza sociale.
Ci sembra lecito poter affermare che a circa quattro decenni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e della nascita delle organizzazioni di pubblica assistenza e previdenza sociale (sanità e pensioni pubbliche) la giustizia sociale non fosse più il tema all'ordine del giorno dell'agenda del dibattito politico inglese.
Partendo dalle teorie politologiche di Olson che accusava lo stato sociale e le assicurazioni sociali (cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, altre forme di sussidi, ecc. …) di essere essi stessi fonte di disoccupazione in quanto non stimolavano la gente a sufficienza a impegnarsi nell'autorealizzazione professionale, la Lady di Ferro inizio un rapido e incisivo processo di massicce privatizzazioni e un cruento disboscamento delle reti di assistenza sociale del tradizionale welfare state britannico.
La società fordista fino ad allora esistente prevedeva che l'operaio diventasse esso stesso acquirente dei beni che produceva.
Si era avuta così una società dei consumi (spesso degenerata in una società consumistica) in cui era necessario assicurare lavoro, sicurezza sociale (sanità, certezza della pensione, possibilità di aiutare la crescita dei figli con servizi e sgravi fiscali) alla maggior parte della classe lavoratrice.
Operai ed impiegati sicuri della propria posizione sociale e lavorativa e che disponessero di un accettabile portafoglio e disposti, quindi, a spendere, erano la condizione base perché potesse continuare a crescere una società basata sui consumi di massa da parte della massa stessa.
Una società come quella sopra descritta aveva dato origine a una miriade di forme di associazione e di coesione sociale da parte delle classe sociali salariate.
I lavoratori dipendenti non erano altro che i figli o i nipoti di quei proletari diseredati di Liverpool e di Manchester che tanto avevano impressionato Karl Marx nel XIX secolo. Figli o nipoti che, migliorata la condizione lavorativa ed economica rispetto ai propri padri o nonni si apprestava a godere di tutti i benefici del welfare state.
Si trattava di una società ricca di sindacati, circoli aziendali o di dopolavoro che permettevano di ridimensionare di incanalare tutte le possibili tensioni sociali.
La Gran Bretagna del XX secolo era fino ad allora stata una nazione in cui la ridistribuzione della ricchezza aveva permesso al crescita di una casse operai e di lavoratori dipendenti sufficientemente compatta e coordinata che, senza arrivare alle forme di neoconsociativismo e cooperazione scandinave analizzate e descritte da Schumpetter nei suoi studi, aveva permesso di armonizzare e risolvere i conflitti e le tensioni all'interno della classe lavoratrice dipendente.
Le numerose forme di associazionismo possono essere identificate con il termine di "agenzie di socializzazione", elementi molto importanti in grado di coordinare ed ordinare la società in modo da ridurre al minimo le tensioni intestine.
Ogni miniera in Inghilterra aveva la propria banda musicale, ogni fabbrica il proprio circolo sindacale, sportivo e di dopolavoro.
Anche i gruppi di tifosi più o meno organizzati erano fonte di coesione sociale.
I tifosi del Liverpool, ad esempio, erano in massima parte membri della classe operaia e soprannominati reds non solo per il colore sociale delle maglie dei giocatori, ma anche per una palese affiliazione politica con il Labour Party.
Il thatcherismo trionfante dei primi anni '80 si fa portatore di tutta una serie di politiche pubbliche, volendo ridurre al minimo le voci di spesa del bilancio pubblico e, allo stesso tempo, attuare un deciso cut tax (la Thatcher aveva fatto, infatti, della riduzione del carico fiscale il proprio cavallo di battaglia) finì per ridurre il grado di protezione sociale esistente in Gran Bretagna.
Forte di un'ampia maggioranza alla Camera dei Comuni, che i conservatori controllavano pur non avendo una reale maggioranza nel paese grazie alla legge elettorale maggioritaria uninominale, la signora Primo Ministro procede ad una serie di privatizzazioni che un commentatore come lo storico Hobsbawm definì "selvagge" e alla chiusura i tutta una serie di miniere e industrie ritenute non più sufficientemente produttive.
La prima conseguenza di questi provvedimenti fu un aumento esponenziale della disoccupazione, soprattutto fra i più giovani e i meno abbienti.
L'uscita dai posti tradizionali di lavoro, che per usare un eufemismo potremmo definire forzata, ma che in realtà fu una vera e propria cacciata, escluse tutti i disoccupati dalle tradizionali sedi di ritrovo (sindacati, leghe operaie, circoli del dopolavoro, ecc. …).
Sicuramente queste dinamiche furono assai gradite alla nuova dirigenza conservatrice che vedeva così drasticamente minata la forza delle Trade Unions e del Labour Party, organizzazioni forti al limite dell'egemonia nelle suddette organizzazioni.
Ma l'elemento che più ci interessa di questi fenomeni è che entrarono in crisi, così, tutte le principali agenzie di organizzazioni britanniche. Prima conseguenza di ciò fu una crisi di coscienza degli esclusi che finirono così per essere facilmente adescabili e inseribili in dinamiche di emarginizzazione.
Le periferie londinesi, città operaie come Manchester e Liverpool, le campagne del Galles erano state caratterizzate per quasi un secolo dalle sedi di associazioni politiche, culturali e sportive che avevano unito e fatto crescere aderenti e popolazione. Ogni città e ogni borgo aveva il proprio circolo operaio, ogni miniera la propria banda musicale, orgoglio dei minatori e della città intera.
Erano state queste agenzie di socializzazione che avevano permesso una crescita sufficientemente armoniosa (o per lo meno il più armoniosa possibile) e garantito un controllo democratico e capillare del territorio in grado, anche di contenere fenomeni di microcriminalità.
La loro crisi, oltre che cambiare lo stesso aspetto geografico delle periferie e di località come le già citate Liverpool e Manchester che vissero in condizioni di degrado, consegnava migliaia e migliaia di persone alla disperazione ed all'incertezza.
Persone allo sbando su cui cominciarono a far presa idee anche pericolosamente razziste e xenofobe.
Come ha ben osservato il filosofo Norberto Bobbio, una società tendenzialmente atomizzata ed individualista è più preda di fobie collettive isteriche e non sempre veritiere.
Un aumento della criminalità e del degrado fu favorito dalla crisi di forme associativa territoriali e tradizionali.
La mancanza della sicurezza del posto di lavoro tipico della società di precari ed interinali che si stava profilando all'orizzonte, non solo corse il rischio di dare il via ad uno scontro tra generazioni falsamente mascherato da competizione, ma fece sì che la crescente popolazione immigrata extracomunitaria venisse vista come pericolosa concorrenza da parte dei disoccupati autoctoni che si vedevano pericolosamente insidiati dagli stranieri pronti a lavorare per stipendi di minore entità, al limite dello sfruttamento.
Il partito di estrema destra razzista inglese (British Party) e altri gruppi xenofobi (naziskin, ecc. …) trovarono fertile terreno di crescita e di reclutamento proprio tra gli esclusi.
Gli studi u questi fenomeni condotti dal Professor Piero Ignazi dimostrano come i maggiori consensi per i partiti fascisti e razzisti in Gran Bretagna (ma anche in altre realtà europee continentali interessate da fenomeni e dinamiche simili) non venivano raccolti nei quartieri e nelle realtà già urbanizzate ed abitate da decenni da stranieri, ma in quelle dove si temeva l'arrivo di questi nuovi cittadini visti come pericolosi competitor.
Il razzismo dell'ultra destra conservatrice (interna ed esterna al Conservative Party) degli anni '60 e '70 che aveva avuto in Powell il proprio campione e che si può ben esemplificare in questa sede con la maschera dell'anziano razzista descritto nel film East is east, si basava sulla difesa acritica e moralistica della superiorità delle tradizioni inglesi con accenni che potremmo ricondurre al "fardello dell'uomo bianco" di Kipling.
I fenomeni razzistici e neonazisti degli anni '80 più gravi e più pericolosi (e quindi più condannabili) dei precedenti furono invece inquadrabili in una disperata lotta fra poveri, tra nuovi e vecchi disoccupati, tutti figli del liberismo selvaggio e delle privatizzazioni altrettanto selvagge realizzate dai governi conservatori di Margaret Theatcher.
Se la Francia rivoluzionaria, dalla Rivoluzione del 1789 alla Presidenza Mitterand passando per il fronte Popolare del 1929, aveva, per usare un'espressione di J. P. Sartre, "condannato gli uomini ad essere liberi"
a noi sembra lecito poter dire che l'Inghilterra di Margaret Thatcher ha dannato gli uomini alla precarietà facendo di del
la diseguaglianza sociale la propria bandiera,
la propria unica ragione d'essere.
Una pietra miliare moderna
e quindi a futura memoria....diciamo come gli operai inglesi .....
"THANK YOU, MRS THATCHER"
Luca Molinari
www.cronologia.it