Muri e muri
di Alessandra Valentini
Roma 30 ottobre 2006
Sapete l’America, quella democratica che va anche ad esportare nel mondo la democrazia? Questa America, anzi il governo degli Stati Uniti, ha approvato la costruzione del muro al confine con il Messico, la faccia triste dell’America.
Con la firma del decreto che autorizza la costruzione del muro di 700 miglia, circa 1.126 chilometri, alla frontiera con il Messico, il presidente George Bush mostra il pugno duro nei confronti dell’immigrazione clandestina in piena campagna per le elezioni di mezzo termine del 7 novembre. Il presidente del Messico, Vincente Fox, che passerà le consegne il prossimo 1 dicembre a Felipe Calderon, ha passato gli ultimi sei mesi del suo mandato presidenziale a trattare con la controparte americana per ottenere un nuovo programma per l'immigrazione, chiedendo il riconoscimento della cittadinanza per i milioni di messicani che lavorano negli Usa da irregolari, nulla da fare. Fox ha parlato di muro della vergogna. La costruzione della barriera lungo il confine tra Usa e Messico infatti non risolverà il problema dell'immigrazione illegale.
Ben 1.126 chilometri di cemento per separare gli Usa dal Messico, per fermare gli immigrati che lavorano o sono in cerca di lavoro. La natura politica della decisione di Bush è fin troppo ovvia, ma non va sottovalutato nemmeno il suo valore simbolico. Forse secondo gli americani non tutti i muri sono di cemento. C’è un cemento durissimo che imprigionava la libertà, l’espressione, la democrazia, la libera circolazione delle merci e delle persone, questo cemento durissimo era quello che costruiva il muro di Berlino. Un muro da abbattere, con gioia estrema dell’ovest e dell’America, che intravedeva nascere da quelle macerie il proprio dominio unilaterale sul mondo. Oggi il muro con il Messico non è forse costruito con lo stesso opprimente ed odioso cemento del muro di Berlino? Ovviamente sì. Ma lo stesso cemento è servito ad innalzare un altro muro ancor più intollerabile, forse, di quello messicano: il muro all’interno dei territori palestinesi. Qui il muro non è tra uno Stato ed un altro – cosa già inconcepibile – il muro costruito dal governo di Israele divide palestinesi da palestinesi, divide le case dalla scuola, le case dai campi in cui si lavora, gli uffici dagli ospedali: è il muro dell’odio e della segregazione. Ma contro questi muri la protesta è sopita, l’indignazione è morta. Il muro dei muri nel cuore d’Europa non c’è più e questo basta a farci dimenticare altri muri, altre oppressioni (ancor più ingiustificabili oggi), altre libertà calpestate, altre storie di uomini e donne alla ricerca di un futuro migliore o comunque diverso.