Ritaln & co.

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montselles.com
00mercoledì 4 luglio 2007 09:54
Non mi pare che ci siano thread che parlano del Ritalin e degli psicofarmaci in genere anche se mi sembra che da qualche parte se ne era discusso.

Ogni tanto guardo il blog di Beppe Grillo e ho trovato un video che nello specifico parla di moltissimi casi verificatisi negli Stati Uniti - dove il consumo di psicofarmaci è larghissimo, e la piaga si sta diffondendo anche tra bambini ed adolescenti - in cui non solo lo psicofarmaco non ha fatto effetto, ma ha prodotto effetti esattamente agli antipodi di ciò per cui veniva assunto. Una buona percentuale dei ragazzi che hanno commesso atti criminali nelle scuole (Columbine, per citare un caso famoso) erano sotto cura farmacologica per 'disturbi del comportamento'. Altri che hanno iniziato una cura si sono suicidati anche dopo una settimana perchè i sintomi erano bruscamente peggiorati. Molti genitori denunciano la mancanza di informazione riguardo a certi prodotti, sostenendo che gli psichiatri che prescrivevano la cura erano stati vaghi o avevano omesso completamente i possibili effetti collaterali del farmaco.



Un'invettiva pesante - anche se decisamente di parte - contro la psichiatria e l'abuso di psicofarmaci è stata scritta da Corrado Penna nel suo "La scienza marcia" nei capitoli 4,6,7 e 8. Il punto su cui io mi trovo fondamentalmente d'accordo è uno ed è importante: la psichiatria è una pseudo-scienza pressapochista che cura quasi sempre solo il sintomo e non la causa, e un discorso analogo si può fare anche per certe branche della psicologia. Non parlo ovviamente dei casi in cui c'è effettivamente uno squilibrio bio-chimico che induce comportamenti di un certo tipo e violenti, ma se si prendono ad esempio la Sindrome da deficit di attenzione ed iperattività (ADHD) o la depressione, nel primo caso il 90% dei bambini, se si vanno a leggere i sintomi, potrebbero tranquillamente rientrare nella casistica riguardante il disturbo, mentre per quanto riguarda la depressione da vent'anni si cerca di capire se parta da un fattore bio-chimico e vada ad influenzare il comportamento, o se si tratta di un fattore psicologico che va a compromettere l'equilibrio bio-chimico del cervello e di molte altre parti del corpo.

Anche in Italia sono sorte associazioni contro l'abuso di psicofarmaci, soprattutto nei bambini ( www.giulemanidaibambini.org ), e contro certi metodi psichiatrici che ormai rappresentano la norma. Tra le fila di queste associazioni si trovano per lo più psicologi, psichiatri e medici, che di conseguenza hanno subito un vero e proprio boicottaggio da parte dell'intera classe medica. Esistono in rete diversi siti che spiegano in modo molto chiaro e comprensibile per i non addetti ai lavori i motivi di queste rimostranze contro psichiatria, psichiatri e psicofarmaci. Il primo sito che mi viene in mente è quello dell'OISM - Osservatorio Italiano sulla Salute Mentale www.oism.info - ma ne avevo trovati e ricevuto in collegamento parecchi altri. Cercando su un qualsiasi motore di ricerca "contro la psichiatria" o "antipsichiatria" si trovano diversi siti interessanti a questo proposito.

Poi, parlando di casi pratici, non so quanti di voi abbiano parenti sotto cura psicofarmacologica o siano loro stessi sotto cura (spero cmq molti pochi). Mia nonna prende ansiolitici e antidepressivi da 20 anni e la sua situazione è cambiata solo in un senso: ora ha una dipendenza da farmaco. Psicologicamente, il suo stato è cambiato così tanto che nel 2002 a causa dell'ansia ha avuto un infarto coronarico. Quale sia la causa del suo male non lo sa nemmeno il dottore che l'ha in cura e che la vede solo quando ci sono da modificare le dosi dei farmaci. Ha fatto un anno di psicoterapia e poi lo psico-psichiatra (perchè 'sto medico ha l'abilitazione sia come psicologo che come psichiatra) si è arreso e l'ha messa sotto farmaci. Quando mia nonna sta bene, tipo se va in vacanza e si rilassa, si dimentica persino di prendere le sue pilloline. Misteri della farmacologia...

A voi la parola.
francescovit
00giovedì 5 luglio 2007 00:00
ho visto un video su youtube che è agghiacciante...se lo ritrovo lo posterò

PS: è quello che sta anche qui sopra, scusate

[Modificato da francescovit 05/07/2007 0.01]

Tubera
00lunedì 9 luglio 2007 13:48
sono rimasta shockata.......
non saprei cosa dire perche non sono ne una psichiatra ne una scenziata e non ho casi personali su cui basarmi....
pero se tutti quelli che prendevano sti farmaci,erano depressi,e gia prima di assumerli avevano comportamenti strani....perche se fanno una strage in una scuola danno colpa al medicinale??
Se erano persone in salute e "normali" probabilmente i farmaci manco glieli prescrivevano....
credo che questo sia solo un modo di difendere i propri figli dopo che hanno fatto una strage....visto che in america sono tanto bravi a riversare le colpe alle grandi società....dopo averne usufruito (vedi i fastfood,fanno tante proteste contro mc donald ecc,poi so tutti obesi.)
poi magari mi sbaglio...

[Modificato da Tubera 09/07/2007 13.51]

Tubera
00mercoledì 11 luglio 2007 13:23
Cacchio sto topic ha avuto molto successo eh?? [SM=g27820]:
question90
00mercoledì 11 luglio 2007 15:09
Re:

Scritto da: Tubera 11/07/2007 13.23
Cacchio sto topic ha avuto molto successo eh?? [SM=g27820]:



è troppppo lungooo
Tubera
00giovedì 12 luglio 2007 01:02
Re: Re:

Scritto da: question90 11/07/2007 15.09


è troppppo lungooo

cosa? [SM=x282960]
[SM=x282949]
montselles.com
00giovedì 12 luglio 2007 10:58
Re:

Scritto da: Tubera 09/07/2007 13.48
sono rimasta shockata.......




Anche io.


Dalla tua risposta.


Ti consiglierei di informarti prima di parlare. Lo psicofarmaco viene prescritto per alleviare dei sintomi. Se anzichè alleviarli li peggiora, non è come se tu prendessi la tachipirina per la febbre e questa anzichè abbassarsi si alzasse? Non è che ci voglia molto ad arrivarci.

Poi, dal tuo commento sui genitori che difendono i figli deduco che tu non abbia visto il video, dal momento che non mi ricordo ci sia una sola coppia di genitori di uno dei ragazzi che ha fatto una strage in una scuola. Il mio accenno all'argomento riguardava diversi casi di ragazzi che erano stati messi sotto cura farmacologica per una lieve depressione (che è una 'malattia' assai sfuggente, e che comunque raramente si manifesta in una forma aggressiva e violenta verso altri, ma quasi sempre questa violenza è verso se stessi quando ad essa si aggiungono manie autolesioniste e suicide) dopo un certo periodo dall'inizio della cura vedono peggiorare i sintomi che ad un certo punto li portano ad imbracciare un fucile, andare a scuola e sparare a chiunque si trovano davanti. Nei casi in cui la depressione e la relativa cura farmacologica ha portato a un tentativo di suicidio, se successivamente tale cura è stata sospesa i sintomi più gravi sono 'miracolosamente' scomparsi.
Cioè, nel momento in cui io assumo uno psicofarmaco che ha come controindicazioni: possibili psicosi, sintomi depressivi, manie suicide... A cosa mi serve? A peggiorare la situazione?


Posto poi qui di seguito un interessante esperimento di cui parlavo a Silvia due giorni fa.

L’esperimento di Rosenham1

L’impostazione dell’esperimento

Gli otto pseudopazienti costituivano un gruppo composto. Uno era un laureato in psicologia, di circa venticinque anni. Gli altri sette erano più vecchi e “inseriti”. Tra di loro c’erano tre psicologi, un pediatra, uno psichiatra, un pittore e una casalinga: tre erano donne e cinque uomini. Tutti quanti ricorsero a pseudonimi per paura che le diagnosi loro attribuite potessero in seguito danneggiarli. Quelli di loro che esercitavano professioni appartenenti al campo della salute mentale finsero di avere un’altra occupazione, in modo da evitare le speciali attenzioni che avrebbero potuto essere loro prestate dallo staff, per motivi di rispetto, o di prudenza, nei confronti di un collega malato. A parte me (ero il primo pseudopaziente e la mia presenza era nota all’amministrazione dell’ospedale e al primario psicologo e, per quanto ne sappia, soltanto a loro), la presenza degli pseudopazienti e la natura del programma di ricerca erano sconosciuti allo staff dell’ospedale .
Anche i contesti erano assai vari. Per poter generalizzare i risultati, si cercò di essere ammessi in vari ospedali. I dodici ospedali del campione si trovavano in cinque diversi Stati della costa atlantica e di quella pacifica. Alcuni erano vecchi e squallidi, altri erano nuovissimi. Alcuni avevano un orientamento sperimentale, altri no. Alcuni avevano uno staff numeroso, altri uno staff insufficiente. solo un ospedale era privato: tutti gli altri ricevevano sovvenzioni da fondi statali e federali o, in un caso, universitari.
Dopo aver fatto una telefonata all’ospedale per prendere un appuntamento, lo pseudopaziente arrivava all’ufficio ammissioni lamentandosi di aver sentito delle voci. Alla domanda di cosa dicessero le voci, rispondeva che erano per lo più poco chiare, ma per quel che poteva intendere gli dicevano “vuoto”, “cavo” e “inconsistente”. Le voci non gli erano familiari ed erano dello stesso sesso dello pseudopaziente. La scelta di questi sintomi fu fatta per la loro apparente somiglianza con certi sintomi di tipo esistenziale.
Si ritiene solitamente che tali sintomi abbiano origine da uno stato di dolorosa ansietà che deriva dal prendere coscienza che la propria vita è priva di significato. È come se la persona allucinata stesse dicendo: “La mia vita è vuota e inconsistente”. La scelta di questi sintomi fu anche determinata dall’assenza di qualsiasi testo scritto nella letteratura clinica su psicosi esistenziali.
Oltre ad inventare i sintomi e a falsificare il nome e l’impiego, non furono compiute altre alterazioni della storia personale o delle circostanze specifiche. Gli eventi significativi della vita dello pseudopaziente furono presentasti nella forma in cui si erano realmente verificati. I rapporti con i genitori e i fratelli, con il coniuge e i figli, con i compagni di lavoro e di scuola, purché non risultassero incoerenti con le eccezioni qui sopra menzionate, furono descritti così com’erano o com’erano stati. Furono descritte le frustrazioni e le sofferenze, così come lo furono le gioie e le soddisfazioni.
È così importante che si ricordino queste cose, se non altro perché hanno influenzato nettamente i successivi risultati, tesi ad una diagnosi di salute mentale, dal momento che nessuna delle loro storie o dei loro comportamenti abituali era in alcun modo patologica.
Immediatamente dopo l’ammissione nel reparto psichiatrico, lo pseudopaziente cessava di simulare ogni sintomo di anormalità. In alcuni casi, si verificava un breve periodo di nervosismo e ansia, dato che nessuno degli pseudopazienti davvero credeva che sarebbe stato ammesso in ospedale tanto facilmente. Invero il timore che avevano tutti quanti era di essere subito identificati come impostori e di trovarsi quindi in una situazione estremamente imbarazzante. Inoltre molti di loro non erano mai entrati prima in un reparto psichiatrico e anche coloro che vi erano già entrati erano comunque sinceramente preoccupati di quello che sarebbe potuto accadere. Il loro nervosismo, dunque, era del tutto giustificabile, in relazione alla novità dell’ambiente ospedaliero, ma in seguito diminuì rapidamente.
Se si esclude questo breve periodo di nervosismo, lo pseudopaziente si comportò in reparto così come si comportava “normalmente”, parlando con i pazienti e con lo staff così come avrebbe fatto abitualmente. Siccome in un reparto psichiatrico ci sono pochissime cose da fare, cercava di intrattenersi con gli altri conversando. Quando lo staff gli chiedeva come si sentisse, diceva che stava bene e che non aveva più sintomi. Si atteneva alle istruzioni che gli davano gli inservienti e consentiva alla somministrazione di farmaci(che però non venivano ingeriti), seguendo le indicazioni che gli venivano date quando si trovava in sala-pranzo. Oltre alle attività che gli era possibile svolgere nel reparto accettazione, trascorreva il tempo scrivendo le sue osservazioni sul reparto, i pazienti e lo staff. Inizialmente queste annotazioni venivano scritte “in segreto”, ma non appena apparve chiaro che nessuno ci faceva molta attenzione, gli pseudopazienti si misero a scriverle su normali blocchi di fogli, in luoghi pubblici come ad esempio il soggiorno.
Lo pseudopaziente, proprio come se fosse stato un vero paziente psichiatrico, era entrato in ospedale senza sapere assolutamente quando sarebbe stato dimesso. Ad ognuno di loro fu detto che per uscire avrebbe dovuto contare solo sui propri mezzi, riuscendo soprattutto a convincere lo staff di essere guarito. Gli stress psicologici associati all’ospedalizzazione si rivelarono considerevoli e tutti gli pseudopazienti, fuorché uno, avrebbero voluto essere dimessi quasi subito dopo essere stati ammessi. Erano quindi motivati non solo a comportarsi da persone sane, ma anche ad essere presi come esempi di collaborazione. Che il loro comportamento non sia stato in alcun modo distruttivo è confermato dalle relazioni degli infermieri, secondo le quali i pazienti si comportavano in modo “amichevole”, “collaboravano” e “non mostravano alcun segno della loro anormalità”.

I normali non sono identificabili come sani di mente

Nonostante si mostrassero pubblicamente sani di mente gli pseudopazienti non furono mai identificati come tali. Ammessi con una diagnosi di schizofrenia, con una sola eccezione, furono tutti dimessi con una diagnosi di schizofrenia “in via di remissione”. L’etichetta “in via di remissione” non deve in alcun modo essere liquidata come pura formalità, perché mai nel corso dell’ospedalizzazione era stata sollevata alcuna domanda su una possibile simulazione da parte loro, né per altro vi è alcuna indicazione nelle cartelle cliniche dell’ospedale che fosse emerso alcun sospetto a proposito del vero status degli pseudopazienti.
Sembra invece evidente che, una volta etichettato come schizofrenico, lo pseudopaziente sia rimasto intrappolato in questa etichetta. Se lo pseudopaziente doveva essere dimesso, la sua malattia doveva naturalmente essere “in via di remissione”; ma non era del tutto sano, né mai lo era stato dal punto di vista dell’istituzione.
L’incapacità di rilevare la salute mentale nel corso del periodo di degenza in ospedale può essere dovuta al fatto che i medici operano con forti pregiudizi nei confronti di quello che la statistica chiama errore di secondo tipo. Questo significa che i medici sono più portati a chiamare malata una persona sana (un falso positivo di secondo tipo) che a chiamare sana una persona malata (un falso negativo di primo tipo). Le ragioni di questo fatto non sono difficili da immaginare: è chiaramente più pericoloso fare una diagnosi sbagliata su una malattia che su uno stato di salute. È meglio sbagliare per eccesso di prudenza, sospettare l’esistenza di una malattia anche in una persona sana.
Ma quello che può valere per la medicina non vale nello stesso modo per la psichiatria. Le malattie mediche, benché siano eventi sfortunati per chi ne è colpito, non comportano solitamente un pregiudizio peggiorativo sull’individuo in questione. Le diagnosi psichiatriche, al contrario, portano con sé uno stigma personale, giuridico e sociale .
Era dunque importante vedere se la tendenza a diagnosticare malato di mente chi era invece sano potesse essere invertita. Il seguente esperimento fu messo in atto in un ospedale dove venivano svolte attività di ricerca e di insegnamento e il cui staff era venuto a conoscenza dei nostri risultati, ma non voleva credere che un errore così macroscopico potesse verificarsi nel proprio ospedale.
Lo staff fu informato che in un certo momento, nel corso dei tre mesi successivi, uno o più pseudopazienti avrebbero cercato di essere ammessi in questo ospedale psichiatrico. Ad ogni membro dello staff fu richiesto di classificare ogni paziente che si presentava in accettazione o in un reparto a seconda della probabilità che quest’ultimo aveva di essere uno pseudopaziente. Si usò una scala divisa in dieci punti, dove il punteggio 1 o 2 rifletteva la convinzione quasi assoluta che il paziente fosse uno pseudopaziente.
Si ottennero voti per 193 pazienti che erano stati tutti ammessi per subire un effettivo trattamento psichiatrico. A tutti i membri dello staff che avevano avuto in prima persona responsabilità nei loro confronti - inservienti, infermieri, psichiatri, medici e psicologi - fu richiesto di dare il loro giudizio. Quarantun pazienti furono considerati con un alto grado di sicurezza come pseudopazienti da almeno un membro dello staff. Ventitré furono considerati sospetti da almeno uno psichiatra. Diciannove furono considerati sospetti da uno psichiatra e da un altro membro dello staff.
In realtà nessun vero pseudopaziente (per lo meno del mio gruppo) si presentò durante questo periodo in quell’ospedale.
L’esperimento è istruttivo. Indica che la tendenza a designare malata di mente la gente sana può essere invertita quando la posta in gioco (in questo caso il prestigio e l’acume diagnostico) è alta. Ma cosa si deve dire delle diciannove persone per le quali fu sollevato il sospetto che fossero “sane” da parte di uno psichiatra e di un altro membro dello staff? Erano davvero “sane” queste persone, o si trattava piuttosto del fatto che lo staff, per evitare di incorrere nell’errore di secondo tipo, tendeva a commettere errori del primo tipo, cioè definire “sano” il matto? Non c’è modo di saperlo, ma una cosa è certa: qualsiasi processo diagnostico che si presti ad errori così massicci non può essere considerato molto attendibile.
Tubera
00giovedì 12 luglio 2007 16:50
Re: Re:

Scritto da: montselles.com 12/07/2007 10.58



Anche io.


Dalla tua risposta.


Ti consiglierei di informarti prima di parlare. Lo psicofarmaco viene prescritto per alleviare dei sintomi. Se anzichè alleviarli li peggiora, non è come se tu prendessi la tachipirina per la febbre e questa anzichè abbassarsi si alzasse? Non è che ci voglia molto ad arrivarci.

Poi, dal tuo commento sui genitori che difendono i figli deduco che tu non abbia visto il video, dal momento che non mi ricordo ci sia una sola coppia di genitori di uno dei ragazzi che ha fatto una strage in una scuola.

beh per fortuna che ognuno è libero di pensarla come gli pare....
e mi sa che anche te devi riguardarlo bene il video..
perche si c era un intervista di genitori di un ragazzo che fece una strage nella scuola....

[Modificato da Tubera 12/07/2007 16.50]

montselles.com
00giovedì 12 luglio 2007 17:46
Re: Re: Re:

Scritto da: Tubera 12/07/2007 16.50
beh per fortuna che ognuno è libero di pensarla come gli pare....



per carità, non ti dico di non pensarla come vuoi, ti sto dicendo che se tu segui una terapia farmacologica ti aspetti che la malattia passi, non che peggiori. se poi te quando prendi un'aspirina contro il raffreddore o il mal di testa di norma ti aumentano... Sappi che non è normale [SM=g27828]
=storto=
00giovedì 12 luglio 2007 18:07
non ho seguito benissimo il discorso..ho solo guardato il filmato.
per caso si fa riferimento a quante persone ,sul totale dei sottoposti a questi tipi di medicinali, sono state riscontrati questi ,se si puo definirli cosi,"effetti collaterali"?
solo per capire se questi soggetti che hanno avuto complicanze sono solo una piccola parte oppure la maggioranza dei pazienti.
a prescindere da questo non somministrerei mai dei farmaci del genere a mio figlio,soprattutto se non vedessi in lui nessun sintomo preoccupante.
Tubera
00giovedì 12 luglio 2007 20:09
Re: Re: Re: Re:

Scritto da: montselles.com 12/07/2007 17.46


per carità, non ti dico di non pensarla come vuoi, ti sto dicendo che se tu segui una terapia farmacologica ti aspetti che la malattia passi, non che peggiori. se poi te quando prendi un'aspirina contro il raffreddore o il mal di testa di norma ti aumentano... Sappi che non è normale [SM=g27828]



ma su questo si hai ragione,io avevo detto un altra cosa pero....

magari mi sbaglio...bo...
ripeto non sono ne uno psichiatra ne uno psiciologo.
montselles.com
00sabato 14 luglio 2007 11:42
Re:

Scritto da: =storto= 12/07/2007 18.07
per caso si fa riferimento a quante persone ,sul totale dei sottoposti a questi tipi di medicinali, sono state riscontrati questi ,se si puo definirli cosi,"effetti collaterali"?
solo per capire se questi soggetti che hanno avuto complicanze sono solo una piccola parte oppure la maggioranza dei pazienti.
a prescindere da questo non somministrerei mai dei farmaci del genere a mio figlio,soprattutto se non vedessi in lui nessun sintomo preoccupante.



la percentuale delle persone (rif. ragazzi tra i 10 e i 20 anni) che hanno visto aggravarsi i loro sintomi dovrebbe essere intorno al 25% di quelli che fanno uso di psicofarmaci. Solo che dire 'psicofarmaci' è troppo generico, ce ne sono di certi con una percentuale di aggravamento molto bassa, mentre per altri è alta (xanax, prozac, ritalin per fare degli esempi). Per dire, quasi tutti i ragazzini che da piccoli sono stati trattati con ritalin, da adulti hanno avuto seri problemi psico-fisici. Fare una statistica comunque è molto difficile perchè negli Stati Uniti i ragazzi in cura farmacologica per disturbi psicologici sono circa il 25% e non viene monitorata la situazione di ciascuno di loro. Quello che penso io è che pubertà ed adolescenza sono periodi della vita in cui possono insorgere depressioni o iperattività temporanee a causa degli ormoni, per via della crescita e per via del fatto che l'equilibrio bio-chimico del corpo si sta stabilizzando. Prescrivere psicofarmaci come caramelle (perchè 1 su 4 è una percentuale altissima) può far danni, soprattutto se lo psicofarmaco prescritto è lo stesso che viene dato ai casi più gravi come i primi due che ho citato qui sopra.
Cmq se vuoi delle statistiche più precise vedrò di trovarle.
=storto=
00sabato 14 luglio 2007 12:56
Re: Re:

Scritto da: montselles.com 14/07/2007 11.42


la percentuale delle persone (rif. ragazzi tra i 10 e i 20 anni) che hanno visto aggravarsi i loro sintomi dovrebbe essere intorno al 25% di quelli che fanno uso di psicofarmaci. Solo che dire 'psicofarmaci' è troppo generico, ce ne sono di certi con una percentuale di aggravamento molto bassa, mentre per altri è alta (xanax, prozac, ritalin per fare degli esempi). Per dire, quasi tutti i ragazzini che da piccoli sono stati trattati con ritalin, da adulti hanno avuto seri problemi psico-fisici. Fare una statistica comunque è molto difficile perchè negli Stati Uniti i ragazzi in cura farmacologica per disturbi psicologici sono circa il 25% e non viene monitorata la situazione di ciascuno di loro. Quello che penso io è che pubertà ed adolescenza sono periodi della vita in cui possono insorgere depressioni o iperattività temporanee a causa degli ormoni, per via della crescita e per via del fatto che l'equilibrio bio-chimico del corpo si sta stabilizzando. Prescrivere psicofarmaci come caramelle (perchè 1 su 4 è una percentuale altissima) può far danni, soprattutto se lo psicofarmaco prescritto è lo stesso che viene dato ai casi più gravi come i primi due che ho citato qui sopra.
Cmq se vuoi delle statistiche più precise vedrò di trovarle.


ti ringrazio per i dati che hai fornito..mi servivano giusto per farmi un idea generale del problema..denghiuuuu [SM=g27838]
cmq quello che mi insospettisce di tutto cio è che da 10 anni a questa parte è sorta l' esigenza di curare giovani che prima risultavano sani con questo genere di psicofarmaci.
per dei disturbi che,in realtà,non sono tali ma in molti casi tipici comportamenti dell' infanzia o dell' adolescenza.
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